Rassicurazioni sul fatto che l'esecutivo arriverà al 2023 giunte ieri dal segretario del Pd, Enrico Letta, e dal leader del M5s, Giuseppe Conte
Anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, blinda il Governo e il premier Mario Draghi. Dopo le rassicurazioni sul fatto che l’esecutivo arriverà al 2023, giunte ieri dal segretario del Pd, Enrico Letta, e dal leader del M5s, Giuseppe Conte, oggi Di Maio ribadisce: “In merito alla tenuta del governo non sono preoccupato. Ovviamente ci sono delle discussioni in corso, è normale che ci sia un contraddittorio ma questo governo è nato proprio per affrontare questo tempo di crisi”. Ospite di ‘In mezz’ora in più’ su Rai3, il ministro dice di non temere neppure le fibrillazioni all’interno del Movimento 5 Stelle, in particolare sul tema della guerra in Ucraina e dell’invio delle armi a Kiev. “Giuseppe Conte ha detto di aver sentito le parole pronunciate da Draghi a Washington molto vicine a lui e al suo modo di pensare. Da ministro di questo governo e membro del M5S trovo una congruenza totale rispetto a quello che sto facendo. La forza politica a cui appartengo è stata molto responsabile. Ha stabilito che si potevano dare aiuti all’Ucraina seguendo il principio della legittima difesa, ha stabilito che si potevano dare aiuti finanziari e allo stesso tempo abbiamo accolto tutti i pacchetti sanzioni”.
Il banco di prova della tenuta della maggioranza si avrà in settimana in Parlamento: il 19 maggio il presidente del Consiglio Draghi renderà un’informativa sul conflitto ucraino, alle 9 in Senato e alle 11,00 alla Camera. L’informativa non prevede voto, ma i rumors interni al M5S confermano che si continua a lavorare per trovare lo strumento utile a far sì che i parlamentari possano esprimersi, in quella o in un’altra occasione, come Conte chiede da settimane. Anche il Partito democratico vuol fare il punto della situazione prima che il premier riferisca in aula. Per questo il segretario Letta ha convocato, per martedì 17 maggio dalle ore 11, la Direzione nazionale: all’ordine del giorno l’analisi della situazione politica, le elezioni amministrative e i referendum.
Insomma, al di là delle rassicurazioni che arrivano a Draghi, le forze di maggioranza – chi più, chi meno – sembrano concentrate nel mettere a punto le strategie politiche in vista delle prossime scadenze elettorali (a partire dalle amministrative) e a gestire le tensioni interne. Ne è esempio il caso scoppiato in Forza Italia: nella serata di ieri il presidente Silvio Berlusconi nomina nuovo commissario di Forza Italia per la Lombardia la senatrice Licia Ronzulli, al posto dell’europarlamentare Massimiliano Salini che viene incaricato come “Responsabile per i rapporti con le associazioni imprenditoriali e gli imprenditori”. La decisione apre uno scontro interno. “Mi è stata resa nota senza che tale comunicazione fosse accompagnata da alcuna motivazione plausibile”, spiega Salini, che si dice “sorpreso e amareggiato” e rifiuta la nomina propostagli. Ronzulli si limita a definirsi “un soldato nelle mani del presidente Berlusconi. Mi ha chiamato ieri sera e, da figlia dell’Arma, ho risposto: presente!”. Auguri e incoraggiamenti arrivano da molti suoi colleghi di partito, da Pella a Sorte, da Gallone a Mandelli. Ma la sua nomina fa storcere il naso a tanti altri, a partire da una big di Fi come il ministro per gli Affari regionali Maria Stella Gelmini, molto forte proprio in Lombardia. Ragionando con suoi, Gelmini avrebbe definito “incomprensibile” la destituzione, senza alcuna spiegazione, di un coordinatore regionale a poche settimane dal voto. Anche perché a suo parere Salini “stava lavorando bene” e “aveva rilanciato il partito in Regione”, oltre ad avere “un seguito importante, e con i voti”, e infatti fu secondo di Forza Italia, dopo Berlusconi, alle Europee 2019, nella circoscrizione nord-est. Secondo il ministro – raccontano i suoi – “c’è un problema politico che andrà discusso e affrontato”, perchè “ció che è accaduto riguarda la Lombardia, la regione nella quale è nata Forza Italia, non una regione qualunque”.
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