L’Associazione nazionale magistrati ribadisce il secco ‘no’ alla riforma della giustizia in discussione alla Camera. La giunta esecutiva evidenzia, pur nello stato di agitazione, la necessità di mantenere aperto il dialogo con la politica, informare i cittadini, mentre sullo sciopero, dice il presidente Giuseppe Santalucia, decideranno il Comitato direttivo centrale e l’assemblea generale. “Il nostro è un dissenso forte sulle linee portanti della riforma, ma non siamo una casta che si chiude e anzi vogliamo mantenere un percorso di confronto e dialogo”, sottolinea Santalucia, parlando alla stampa nella conferenza convocata, al sesto piano del palazzo della Cassazione. “Vogliamo le riforme e sappiamo che sono necessarie – spiega – Ma ne serve una diversa, perché questa guarda al passato, crea una struttura sempre più gerarchica, accentra poteri e utilizza l’aspetto disciplinare per controllare i magistrati, impaurirli nel loro delicatissimo compito, relegandoli a un ruolo impiegatizio”.
Gli fa eco il segretario generale dell’associazione, Salvatore Casciaro, secondo il quale la legge allo studio “non va bene, perché è incentrata esclusivamente sulle statistiche”.
“Il giudice è soggetto solo alla legge – chiosa Casciaro – e la vocalizzazione esclusiva alla produttività di questa riforma nuoce alla qualità della giustizia”. Secondo Santalucia, sul tema della separazione delle funzioni, la riforma Cartabia “si muove in continuità con cattive riforme precedenti”, e “piano piano, si sta cambiando assetto alla Costituzione, senza neanche guardarla in faccia”. Si va verso lo sciopero anche se sul punto il presidente del sindacato delle toghe taglia corto: “Saranno il comitato direttivo centrale e l’assemblea straordinaria degli iscritti a decidere. Auspico non si debba arrivare a questa forma di protesta, ma non faccio il profeta”.
Il clima va poi scaldandosi, con Santalucia che si preoccupa di chiedere di non arrivare “al muro contro muro”, mentre c’è chi vede nell’astensione da lavoro e udienze l’unica strada possibile per rispondere alla legge ormai in dirittura d’arrivo: “Serve una forma di protesta forte”, si sottolinea a più riprese negli interventi.
Passa la mozione della giunta esecutiva centrale con cui si affida all’assemblea generale del 30 aprile “il compito di definire la più efficace forma di protesta”, compreso lo sciopero, sul quale la strada sembra segnata.