La partita, però, è stata tutt'altro che semplice

Sul Fine vita la Camera va avanti. Nonostante lo scrutinio segreto, chiesto dal gruppo di Fratelli d’Italia, il testo unico sulla morte volontaria medicalmente assistita supera il primo, grande ostacolo del suo iter. Gli emendamenti interamente soppressivi dell’articolo 1, a firma rispettivamente di Alessandro Pagano (Lega) e Pierantonio Zanettin (Forza Italia), che di fatto avrebbe chiuso qui la partita, non passano in aula, che li respinge con 262 voti contrari rispetto ai 126 favorevoli. “Un segnale positivo che spero venga accolto da quel vasto pezzo di società che si è sentito deluso per la non ammissione del quesito referendario”, commenta a caldo il presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Mario Perantoni. Che comunque mantiene i piedi ben piantati per terra: “Gli emendamenti soppressivi, i più insidiosi, sono stati respinti dalla maggioranza che sostiene il provvedimento, spero si vada avanti così”.

La partita, però, è stata tutt’altro che semplice finora. Nel dibattito che ha preceduto il voto, infatti, i partiti del centrodestra, dalla Lega a Forza Italia e FdI, oltre ai centristi di Coraggio Italia, hanno subito espresso la contrarietà al testo. Sostenuto, invece, da Pd, Leu e Movimento 5 Stelle, mentre Italia viva ha lasciato libertà di coscienza ai propri parlamentari. “Copre il vuoto normativo che sta generando tante situazioni drammatiche. Il testo consente di recuperare tutte le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale del 2019”, il pensiero espresso su Twitter dal segretario dem, Enrico Letta. Con una convinzione forte: “È un dovere legiferare in questo campo”.

Anche perché resta forte l’eco del dibattito dopo la decisione della Corte costituzionale di dichiarare inammissibile il referendum sull’eutanasia. Un colpo per i partiti del fronte progressista, alcuni dei quali comunque poco convinti dalla efficacia del quesito. Come, ad esempio, il Movimento 5 Stelle. Giuseppe Conte martedì scorso, in assemblea congiunta con deputati e senatori del suo partito, aveva infatti spiegato come, a suo modo di vedere, “creava un vuoto legislativo” perché “il consenso poteva essere acquisito senza controllo”. Ecco perché, una volta acquisito l’esito delle valutazioni della Consulta ha sottolineato la linea dei Cinquestelle: “Riteniamo che la risposta migliore debba darla il Parlamento”. Un concetto che ora si può tradurre in atti concreti: da mercoledì 23 febbraio in poi, data in cui riprenderanno i lavori della Camera sulla proposta di legge. La partita comincia adesso.

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