Scintille a distanza tra Conte e Di Maio dopo le frizioni sulla candidatura della Belloni
Per una sera Giuseppe Conte e Luigi Di Maio almeno su un punto concordano: una riflessione interna al M5S va aperta. La trattativa per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica lascia strascichi nel Movimento o, forse, sarebbe meglio dire che li porta tutti a galla. Perché tra confronti evitati o rinviati, il fuoco comunque ha continuato a covare sotto la cenere. Il percorso che ha portato alla rielezione di Sergio Mattarella al Palazzo dei Papi palesa una frattura tra i gruppi parlamentari e il vertice, perché da settimane – soprattutto dal Senato – è arrivata l’indicazione di puntare nuovamente sull’attuale capo dello Stato. Ragion per cui, una volta che i leader di maggioranza hanno trovato l’accordo condiviso, il mood di deputati e senatori è praticamente unanime: “Questa è la vittoria della centralità del Parlamento, ma anche la sconfitta del leaderismo”. E qui si innesca il primo corto circuito, perché l’ala che supporta il nuovo corso punta il dito contro i colleghi vicini a Di Maio, accusandoli di voler entrare mettere il cappello sulla soluzione. Anche se, a onor del vero, da giorni i cosiddetti ‘dimaiani’, subodorando le scarse chance di riuscita dell’operazione Draghi al Colle avevano deciso di virare su Mattarella.
Ed è questo uno dei punti su cui il confronto interno che verrà dovrà sciogliere la contrapposizione tra due visioni di leadership. L’esempio delle trattative per il Colle è lampante. Da una parte quella di Conte, che pur spiegando di non aver mai escluso la carta Mattarella (la definisce la soluzione “di garanzia”) ammette che le sue intenzioni erano altre, puntare su una candidatura femminile. Sul piatto, infatti, c’erano i nomi di Paola Severino e soprattutto di Elisabetta Belloni. Ma qui si innesca il secondo corto circuito interno. Perché il profilo della direttrice del Dis incontra già da metà settimana i veti di un pezzo di Pd, Leu, Forza Italia e una parte di Movimento. Dunque, la visione di Di Maio, che interviene pubblicamente, con una nota: “Trovo indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso. Così non va bene, non è il metodo giusto”.
Parole che non passano certo inosservate ai piani alti del Movimento. Tant’è vero che Conte non prova più a dribblare le domande: “Questo è il momento di rimanere concentrati, ci saranno occasioni nella comunità Cinquestelle per i necessari chiarimenti”, dice in una conferenza stampa. “Arriverà il momento dei chiarimenti interni, di questi passaggi, che sono opportuni per una comunità che discute e in cui ogni esponente politico deve rispondere non al leader di turno ma all’intera comunità degli iscritti”. Nella lista delle cose da chiarire ci sono anche i confronti, crudi, nella cabina di regia Cinquestelle, in cui nessuno dei due, sebbene con toni mai sopra le righe, le ha mandate a dire.
C’è, insomma, la consapevolezza che qualcosa vada smossa. “Credo che anche nel Movimento 5 Stelle serva aprire una riflessione politica”, concorda lo stesso ministro degli Esteri, lasciando la Camera dopo la proclamazione di Mattarella. Ora che i giochi sono fatti, si può – forse si deve – rimettere mano ai rapporti interni. Per tutta la settimana Di Maio staziona a Montecitorio, incontra i colleghi, ascolta, parla, come non gli capitava da tempo ormai. Percepisce perfettamente che nel corpaccione pentastellato qualcosa bolle in pentola, perché ormai nessuno si nasconde più. E non è escluso che, presto o tardi, si riaccenda una sorta di ‘graticola’ old style grillino per la nuova segreteria. Il tempo dei rinvii sembra inesorabilmente finito.
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