Quirinale, Cav avverte i suoi e gli alleati: “Non mi faccio bruciare”. Cresce il partito di Draghi a Chigi

Silvio Berlusconi riunisce i vertici di Forza Italia ad Arcore

 Il nome di Silvio Berlusconi non è uno dei tanti, uno da bruciare nella (lunga) strada che porterà all’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale. Dopo essere finito, “pur non avendolo chiesto”, nella girandola delle candidature per il Colle più alto, è l’ex Cav in persona a stoppare totonomi e strategie fantapolitiche che lo riguardano.

Il vertice ad Arcore: “Non sarò un candidato di bandiera”

L’ex premier riunisce a pranzo ad Arcore, per la prima volta in presenza dopo la pandemia, i coordinatori regionali, accompagnato anche dal vicepresidente Antonio Tajani e i capigruppo di Camera e Senato Paolo Barelli e Anna Maria Bernini. Agli ospiti viene servito il menù tricolore, tanto apprezzato dal padrone di casa, ma sul tavolo c’è anche un tema assai delicato, come, appunto, il Quirinale.

Berlusconi lo dice chiaro ai commensali: non sarà un candidato di bandiera, il suo nome non può essere lasciato nella mischia “a bruciare per mesi”. Il messaggio è ai suoi, certo, ma anche agli alleati. Nei due ultimi incontri a villa Grande, a Roma, con Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i tre leader del centrodestra hanno rinsaldato l’unità della coalizione anche per quel che riguarda la strategia da mettere in campo per giocare la partita del Colle. Sia il segretario della Lega che la leader di Fratelli d’Italia hanno in più di un’occasione pubblica affermato la propria disponibilità a sostenere l’alleato nel caso in cui decidesse di farsi avanti. Ma non è questo il caso. Non sarà Berlusconi a candidarsi. L’ex Cav non intende farlo innanzitutto per il rispetto istituzionale che si deve a Sergio Mattarella, il cui nome – anche secondo diversi big azzurri – è ancora in campo per un bis. In secondo luogo perché anche la ‘storia’ di Silvio Berlusconi va “rispettata” e non va messa nel tritacarne delle lotte interne ai partiti o lasciata in balìa dei franchi tiratori.

I numeri al Colle

Certo, l’idea di chiudere sul Colle più alto una carriera politica che ha segnato gli ultimi 25 anni all’ex Cav non dispiace affatto. Ma in politica – e l’uomo la conosce – un obiettivo è raggiungibile solo se si hanno i numeri per farlo. Altrimenti rischia di diventare un boomerang. I conti, quindi, sono presto fatti e il diretto interessato li sottopone ai suoi ospiti. Sono 450 i voti a disposizione del centrodestra tra parlamentari e grandi elettori. All’appello, dalla quarta votazione in poi quando è necessaria la maggioranza semplice, mancano una cinquantina di sì. “Ci sono 290 deputati e senatori usciti dai gruppi parlamentari originari. In tanti mi sono amici, ma, ripeto, è ancora tutto da vedere”, ha confidato l’ex premier a Bruno Vespa nel suo libro. Berlusconi, però, non intende illudersi: non tutti gli ‘alleati’ – è consapevole – nel segreto dell’urna, scriverebbero il suo nome. Sa quindi che la sua candidatura potrà essere concreta solo se sarà condivisa almeno da una parte dello schieramento avversario. Cosa non certo semplice.

Cav: “Avanti con Draghi fino al 2023”

Il leader azzurro allora ribadisce la linea. Avanti con Mario Draghi fino al 2023, insiste, sperando poi che “possa svolgere una funzione importante anche dopo”. Se non è un appello al Mattarella bis poco ci manca. Sulla necessità che l’ex presidente Bce resti a palazzo Chigi è d’accordo anche Giuseppe Conte. “Mi è stato chiesto se avessi preclusioni a Draghi al Quirinale. E ho detto di no – precisa il presidente M5S – Draghi è il punto di equilibrio di un sistema politico. La legislatura deve finire perché l’obiettivo prioritario è la realizzazione del Pnrr per il quale ci siamo strenuamente battuti”. Non solo. “Che Draghi rimanga a Palazzo Chigi è la via prioritaria. Draghi – è la sintesi – non è fungibile”.