“Io non so cosa è successo al ministro Gelmini, le dichiarazioni di ieri sono anche contrarie assolutamente alla realtà”. Silvio Berlusconi torna a Bruxelles, si riaccredita nel panorama europeo dopo mesi di assenza, vede Angela Merkel – a cui ha portato un dono che, assicura, “le è piaciuto” senza voler svelare di cose si trattasse – e derubrica senza dare troppo peso alle parole al vetriolo di Gelmini, scandite durante la riunione per l’elezione del capogruppo azzurro alla Camera. Stilettate dettate dall’impeto per aver perso la battaglia del post-Occhiuto, è la lettura, condita dalla paura di perdere la governabilità del gruppo ora che sarà un uomo di Antonio Tajani, Paolo Barelli, a dover gestire i deputati che, tra le altre cose, hanno come appuntamento l’elezione del presidente della Repubblica.
Il Cav tuttavia sente di non doversi preoccupare: “Non succede assolutamente niente, nella maniera più assoluta, sono veramente sereno al 100%, non so cosa gli ha preso a questi qua”. Il tutto accompagnato da quella mimica che praticamente relega i dissensi dei ministri Carfagna, Gelmini e Brunetta nell’alveo della incostistenza e soprattutto non costituisce fonte di verità. Le parole dette a Bruxelles viaggiano più veloci della luce e arrivano come un terremoto a Roma. Carfagna esce dal silenzio e replica: “Ieri la ministra Gelmini ha espresso un disagio che è diffuso e profondo” e “far finta che tutto va bene credo che non sia la migliore soluzione per chi vuole bene al proprio partito”.
Malumori che la ministra ha registrato proprio ieri sera, nel corso del vertice con i colleghi azzurri di governo, a palazzo Vidoni. Non è un caso che a stretto giro di posta viene consegnata anche la bordata di Brunetta, secca in una fredda, ma pesantissima nota. “Inutile ignorare quanto accaduto ieri tra persone che ambiscono solo a rilanciare Forza Italia, che ha un’occasione da cogliere ma vive un momento di difficoltà innegabile”, rimarca il titolare della Pa, facendo fronte comune con le due azzurre e contemporaneamente ponendosi a difesa di Gelmini. La corazzata insomma è stata issata, per non lasciare sola la ministra per gli Affari regionali, cavalcando inoltre uniti la linea che “il partito va cambiato da dentro”. I tre azzurri non hanno infatti nessuna intenzione di “farsi cacciare”, trapela, ma imporrà con tutte le proprie forze i valori europeisti, moderati e liberali che Forza Italia dice di rappresentare.
Il fuoco alle polveri, dunque, è stato acceso e ora i rivali si guardano da lontano. Per Berlusconi la faccenda è chiusa e non intende tornarci. Più volte oggi ha ripetuto che nessuno gli ha mai raccontato “favole” e pensare solo che se le fosse bevute è un oltraggio alla sua persona, politica e umana. Per ora la linea è lasciare decantare, con l’orizzonte di appianare le storture prima dell’incontro tra Salvini e Berlusconi la prossima settimana con i ministri di Lega e FI. Un confronto ancora non in agenda e che dal fronte dei tre ministri azzurri si spera non resti lettera morta.
Intanto sono già partite le sirene dei centristi e di chi vorrebbe un cenno di Carfagna per strapparla dal regno di Arcore. E Carlo Calenda lancia la proposta: “Non un centro ‘fritto misto’ che vuol fare l’ago della bilancia, ma un motore di radicale cambiamento del Paese. Una coalizione che crede nella democrazia liberale, nell’europeismo, pragmatica, competente. Una cosa che non può essere schiava dei tumulti di Raggi, Grillo, Salvini”. Posizione che in Forza Italia ieri è stata rivendicata a gran voce.