Domani la fiducia. Sul blocco dei licenziamenti incontro tra Zingaretti e Salvini
Una giornata di “intenso” lavoro a palazzo Chigi, che vede Mario Draghi “completamente assorbito” dalla preparazione del discorso programmatico sul quale mercoledì chiederà la fiducia. Quello di fronte al Parlamento è il “passaggio clou” per Il presidente del Consiglio. In piedi, al centro dei banchi riservati al Governo, il premier non farà annunci, ma scandirà le priorità e traccerà un percorso chiaro e dettagliato per “mettere in sicurezza” il Paese “al di là degli interessi di parte”. Su questa ‘mission’ chiederà il sostegno alle forze politiche, a quelle che – dal voto in avanti – faranno parte della maggioranza, ma anche a chi siederà all’opposizione.
I dossier da affrontare restano quelli condivisi con partiti e parti sociali nel corso delle consultazioni. La lotta alla pandemia innanzitutto, con una accelerazione sulla campagna vaccinale anche grazie ai nuovi risvolti contrattuali in arrivo dall’Unione europea. Draghi ha condiviso con Speranza, dati dell’Iss alla mano, la decisione di rinviare l’apertura degli impianti sciistici. Il diffondersi delle varianti agita esperti e uomini di governo per i quali non è assolutamente possibile mettere a rischio la somministrazione dei vaccini sul territorio nazionale. C’è poi da riscrivere il Recovery plan, declinando il progetto sugli assi cartesiani della transizione ecologica e di quella digitale. Non fallire la grande occasione che arriva dall’Europa, non solo per dare forza e credibilità all’Italia ma anche per potenziare la dimensione politica ed economica dell’Ue. Questo “l’europeismo” che ha Draghi come stella polare.
C’è poi il tema del blocco dei licenziamenti, in scadenza a fine marzo. Ieri il ministro del Lavoro Andrea Orlando ne ha parlato con i sindacati e oggi vedrà Confindustria. Sul tema, però, al riparo da occhi indiscreti si sono incontrati alla Camera Nicola Zingaretti e Matteo Salvini, dal momento che distanti sono le posizioni dei due in materia. “Abbiamo parlato di lavoro, del blocco dei licenziamenti, prevenire è meglio che curare”, dice il leader della Lega, intercettato dal Fattoquotidiano.it.
L’intendimento di Draghi e dei ministri, in ogni caso, è quello di mettersi subito all’opera, facendo riprendere i lavori anche nelle commissioni parlamentari, praticamente ferme dall’inizio della crisi. Per questo, entro venerdì, Draghi vorrebbe completare la squadra di Governo. Le trattative sono in corso, ma ancora i contatti con il premier languono e i partiti, che vorrebbero in qualche modo gestire il ‘sottogoverno’ temono di restare esclusi dalle scelte o quantomeno, se ci dovesse essere una ‘quota Draghi’, ridimensionati nei numeri. Il Pd resta alle prese con il nodo donne. Diverse, quindi, dovrebbero essere le uscenti riconfermate, Ascani (viceministra all’Istruzione nel Conte II), Simona Malpezzi (Rapporti con il Parlamento), Sandra Zampa (ex Salute) e Francesca Puglisi (Lavoro), Marina Sereni (Esteri), Lorenza Bonaccorsi (Cultura) e Alessia Morani (Mise). Tra le new entry, invece, ci sarebbero Monica Cirinnà, Simona Valente (che potrebbe anche giocarsi la carta di rappresentare il Sud) e Marianna Madia. Per dare continuità a quanto fatto, potrebbero restare Misiani al Mef e Mauri (viceministro dell’Interno protagonista della riscrizione dei decreti sicurezza). Il Viminale, però, resta molto ambito dalla Lega. In pole per affiancare Lamorgese ci sarebbero Stefano Candiani e Nicola Molteni. In quota Lega si fanno i nomi anche di Barbara Saltamartini (al green) e Lucia Borgonzoni, mentre Claudio Durigon potrebbe andare al Lavoro, Luca Coletto alla Sanità e Alessandro Morelli ai Trasporti. In casa M5S diversi gli uscenti che scalpitano, da Laura Castelli a Stefano Patuanelli, mentre per quel che riguarda FI a reclamare incarichi sono i senatori, finiti fuori dalla squadra dei ministri. Battiston all’Agricoltura, Fratin all’Economia, mentre Sisto e Caliendo potrebbero andare alla Giustizia. Sul fronte Iv Faraone potrebbe andare al Mit e – nelle speranze dei renziani – uno tra Conzatti e Del Barba al Mef. In quota Draghi resterebbero il sottosegretario all’editoria e la delega al Cipe.
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