Renzi fa saltare tavolo e Conte Ter. Mattarella affida Italia a Draghi

Oggi alle 12 l'ex presidente della Bce salirà al Quirinale

Una maggioranza intorno al Conte Ter non c’è, Sergio Mattarella, data l’esigenza di avere un Governo nel pieno delle sue funzioni, opta per un ‘Governo del presidente’ e chiama al Quirinale Mario Draghi. Roberto Fico ufficializza al Quirinale l’esito del mandato esplorativo affidatogli dal presidente della Repubblica venerdì scorso.

“Allo stato attuale – scandisce – permangono distanze alla luce delle quali non ho registrato la unanime disponibilità a dar vita a una maggioranza”.

La partita passa quindi in mano al Capo dello Stato. L’inquilino del Colle, escluse le elezioni per evitare un aumento dei contagi e data l’urgenza di mettere a punto il Recovery plan, sonderà nelle prossime ore la disponibilità delle forze politiche per un Governo “di alto profilo” che non “deve identificarsi in alcuna formula politica”.

Oggi alle 12 l’ex presidente della Bce salirà al Quirinale.

Le ultime 24 ore di trattative vanno avanti tra frenate ed accelerazioni improvvise, che caratterizzano il film della giornata. Nella sala della Lupa di Montecitorio, il tavolo sul programma al quale siedono i capigruppo va avanti tra eccezioni e distinguo, ma la rottura definitiva arriva nel corso del confronto tra Vito Crimi, Dario Franceschini, Matteo Renzi e Roberto Speranza. Un tentativo di arrivare a una mediazione c’è. I leader trattano. Il politico di Rignano chiede discontinuità, una svolta radicale della squadra di Governo e un cambio di passo sull’agenda. Si lavora, gli alleati provano a negoziare. Poi, però, la situazione si complica. Basta l’uscita di Emilio Carelli dal M5S e il suo annuncio di voler dar vita a una componente moderata, di centro destra, che accolga anche i delusi pentastellati a “creare tensione”. Il tavolo salta. Il leader Iv lamenta lo “scontro altissimo” sui contenuti (“dal Mes alle infrastrutture, dalla giustizia alla Torino-Lione) e, di conseguenza, sui nomi. Lo strappo si consuma sul “muro” che, nelle parole di Renzi, il capo politico M5S alza sui nomi di Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina. Su di loro “non ci muoviamo di un solo centimetro”, il niet di Crimi. Non solo.

Anche Domenico Arcuri e il presidente Anpal Domenico Parisi “non si toccano”. Il M5S, nella sintesi che il leader di Iv consegna in chat ai gruppi parlamentari, si dice disponibile a lasciare il ministero del Lavoro, dove nel Conte bis sedeva la pentastellata Nunzia Catalfo. “Però la sostituiscono solo se non ci va la Bellanova”, attacca.

Non la vede così Vito Crimi. “Da Iv abbiamo assistito a una serie di attività quasi ostruzionistiche, c’è stato un continuo dire no. L’obiettivo era ottenere qualche poltrona in più. Volevano anche sindacare sui ministeri degli altri. Noi non abbiamo messo nessun veto su nessun nome.

Chi ha cominciato a mettere veti è Matteo Renzi”, attacca.

Mentre lo strappo tra i leader si consuma, a Montecitorio, il tavolo sul programma dopo 48 ore di lavori, volge al termine. Il documento scritto, poi ridimensionato a verbale, viene ‘accantonato’, come fosse un emendamento qualsiasi. “Non corrisponde alle posizioni emerse nella discussione – lamentano i renziani – se lo sono scritto loro a loro piacimento”. Maria Elena Boschi, lasciando la sala della Lupa, fotografa la situazione: “Ci sono ancora distanze sui contenuti”, dice. E se Loredana De Petris la vede nera: “Fallito il Conte Ter l’unica strada è quella delle elezioni”, pronostica, Graziano Delrio prova a dare ancora una chance ai giallorossi: “Ci sono ancora delle distanze, è vero, ma non ritengo che siano incolmabili. Penso possano ancora essere gestite dal nuovo presidente incaricato”, azzarda. la lettura che arriva dal Nazareno è molto più definitiva. Da Renzi è arrivata rottura “inspiegabile”. Ha avanzato la “pretesa inusuale” di discutere gli assetti del futuro Governo prima di avere il premier incaricato, “voleva decidere anche i ministri nostri”, è il racconto. Sulla squadra, comunque, la trattativa inizia. Andrea Orlando e Riccardo Fraccaro sono in pole per fare i vicepremier. Poi però, “a un certo punto lui ha fatto saltare tutto inspiegabilmente”, rompendo “non solo sul Conte Ter, ma sull’alleanza”. Non potrà esserci, quindi, nella lettura a caldo che arriva dai Dem, un nuovo Governo che parta dalla stessa maggioranza e arrivi ad un altro nome per palazzo Chigi. “Credo che Renzi avesse da principio l’idea di far saltare questa formula, legata a un’alleanza – sintetizza a sera Andrea Orlando – Trovo stucchevole l’idea che sia una questione di carattere e personalità: parliamo di un uomo politico con un disegno per sfasciare centrosinistra e Pd”.