Su programma Iv alza il tiro: Testo scritto. Per Fico ipotesi secondo giro

Il tavolo tra i partiti della maggioranza riprende martedì mattina. Nel pomeriggio il presidente della Camera dovrà salire al Colle per riferire al capo dello Stato

Si tratta a oltranza. A sera, quando il tavolo sul programma convocato da Roberto Fico va avanti da quasi dodici ore, Bruno Tabacci è stremato: “Qui ognuno picchia duro sulle proprie bandiere, ma non è così che si ragiona in una coalizione”, lamenta. Il leader del Centro democratico, che da settimane è in campo per tessere le fila di un possibile Conte Ter, avverte gli alleati ricordando loro un precedente storico. “Siamo riuniti nella Sala della Lupa di Montecitorio, dove andò in scena l’Aventino. Nella stessa stanza noi adesso rischiamo di far commissariare il Parlamento, perché se non riusciamo noi c’è solo il Governo del presidente”. La trattativa sui contenuti procede parallelamente a quella sui nomi, ma i due tavoli – pur intrecciati – marciano separati.

Il primo, evidentemente, attende segnali dal secondo. I telefoni sono bollenti ma lo stallo su premiership e squadra non si sblocca.

Anche sul programma, allora, passi avanti non se ne fanno. Il primo nodo del contendere riguarda l’esito finale del confronto. I renziani insistono perché si arrivi ad un “documento scritto” in cui i punti chiave “vengano messi nero su bianco”, come chiesto dall’ex premier dopo l’incontro con Fico. Secondo le altre forze, però, la stesura di un programma completo spetta piuttosto al presidente incaricato e, nel caso specifico, a Giuseppe Conte, se alla fine si raggiungesse un accordo intorno al suo nome. In quest’ottica non è un caso, viene sottolineato, che l’esploratore, dopo aver aperto i lavori, non partecipi direttamente al tavolo. “Non è lui l’estensore dell’accordo”, è la linea di chi vuole evitare il ‘tranello’ per il quale, ‘blindato’ il programma, il nome del premier che lo dovrà realizzare possa non essere quello dell’avvocato pugliese. Il documento scritto “arriverà con il presidente del Consiglio incaricato, prima non ha senso”, chiariscono i pentastellati. “A Fico spetta capire se ci sono le condizioni programmatiche e numeriche per formare un nuovo Governo, il presidente della Camera non ha richiesto alcun documento scritto e noi ne prendiamo atto”, sottolineano da Leu e Centro democratico, mentre i Dem aprono a una “bozza di lavoro” che punti essenzialmente “capire se ci sono nodi insormontabili”.

Il confronto è serrato anche sui temi. Si parte dal lavoro. Pronti via e Maria Elena Boschi e Davide Faraone chiedono la ‘testa’ dei presidenti di Inps e Anpal e di separare il reddito di cittadinanza dalle politiche attive per il lavoro. “Completiamo” il sussidio “con il rafforzamento delle politiche attive e dei controlli, così come del resto era previsto fin dall’inizio”, è la replica dei pentastellati, che blindano Pasquale Tridico e Domenico Parisi. Anche su riforme e legge elettorale le distanze restano.

Italia viva insiste per un sistema di impianto maggioritario. “Se proporzionale deve essere, si introducano subito le preferenze”, dicono chiaro i renziani che sulle riforme propongono l’istituzione di una commissione Bicamerale con presidenza all’opposizione. Il M5S apre sulle preferenze e insiste sull’introduzione del referendum propositivo, la costituzionalizzazione dei limiti alla decretazione d’urgenza, il ricorso a una maggioranza qualificata per l’approvazione della legge elettorale.

Punta a ripartire da quanto già incardinato in Parlamento il Pd, a partire dal voto per i 18enni in Senato e dalla legge Fornaro sui correttivi costituzionali.

Il pomeriggio si apre con il confronto/scontro sul Mes. Boschi e Faraone, in questo caso, si dicono disponibili a ‘mediare’ rispetto alle posizioni iniziali, prendendo solo una parte dei 36 miliardi previsti dalla linea di credito Ue sulla sanità. La stessa proposta viene avanzata da Tabacci. Il no del M5S, però, è categorico. Il capogruppo alla Camera Davide Crippa ribadisce la “pregiudiziale politica” da parte dei pentastellati: “Non lo voteremo mai. Noi siamo il gruppo parlamentare più grande, i numeri non ci sono”. Il clima si accende. Il dem Graziano Delrio e lo stesso Tabacci provano a stemperare i toni, ma l’accordo non c’è. “Siderale” viene definita la distanza in materia di giustizia, con i renziani che chiedono “un cambio di passo” rispetto al “giustizialismo” di Alfonso Bonafede e la riforma della prescrizione. I temi sul tavolo sono parecchi, pagine e pagine che i capigruppo esaminano e inoltrano alle war room dei rispettivi partiti. Nel calderone finiscono anche i fondi all’editoria e le banche: i pentastellati vogliono togliere gli uni e nazionalizzare le altre, accusano da Iv.

“L’accordo non c’è quasi su nulla, ci sono delle oggettive difficoltà, ma continuiamo a lavorare”, commenta a sera, sconsolato, anche chi si spende per una sintesi. Martedì mattina il tavolo andrà avanti. Al termine l’ipotesi è che Fico possa svolgere un secondo giro di consultazioni. Poi l’esploratore, a partire da nomi e programma, dovrà riferire del suo mandato esplorativo a Sergio Mattarella.