Seconda e ultima giornata di consultazioni del presidente della Camera Fico

Roberto Fico avvia l’esplorazione e parte dai big. Nella sala della Regina di Montecitorio, ripensata dalle regole anti-covid (solo 18 giornalisti con il permesso di assistere dal vivo), il presidente della Camera decide di ‘consultare’ i partiti fondatori del Conte 2. Il mandato del capo dello Stato Sergio Mattarella è preciso, ristretto nel perimetro dell’attuale maggioranza e soprattutto con una deadline da rispettare. Fico dovrà infatti riferire l’esito dei colloqui entro martedì, confermando, o meno, se la maggioranza che sostiene questo esecutivo è disponibile a ricomporsi. Sul nome del premier – trapela dai corridoi della Camera – ci sarà un passaggio successivo, molto probabilmente nella giornata di lunedì. Sempre che si trovi la quadra sui contenuti. Nella Biblioteca del presidente, dove si susseguono le delegazioni, sfilano i temi cari per ogni colore partitico, con il compito arduo per Fico di trovare un punto di caduta su cosa è sacrificabile e cosa è invece imprescindibile. Il presidente della Camera concentra in due mezze giornate gli incontri, non escludendo anche l’ipotesi di chiamare attorno a un tavolo i leader già nel pomeriggio. Tutti insieme o in separata sede, dopo una pausa di riflessione al termine delle consultazioni della mattina, che partiranno alle 10 con il Maie e si chiuderanno alle 14 con il gruppo misto del Senato.

La prima delegazione a varcare il portone di Montecitorio è quella dei 5Stelle. Il capo politico Vito Crimi, accompagnato dai due capigruppo di Camera e Senato, rinnova il sostegno a Giuseppe Conte, come “guida indiscutibile” per il nuovo esecutivo, sottolineando l’esigenza “di lavorare ad un cronoprogramma dettagliato in temi e tempi, che dia un’indicazione certa del lavoro che questo governo dovrà svolgere”. “Ci immaginiamo altri incontri anche con altre forze politiche”, scandisce e consegna a Matteo Renzi la conditio sine qua non per proseguire sulla strada del dialogo: “Accantonare definitivamente alcuni temi provocatori, usati in alcuni casi in modo strumentale per essere divisivi, penso alla questione del Mes”. Anche Nicola Zingaretti formalizza, a nome del Partito democratico, una lunga lista di priorità e tra queste “un pacchetto di riforme istituzionali, primo tra tutte quella riforma elettorale di stampo proporzionale sulla quale c’era già stata un’ampia convergenza dopo il taglio dei parlamentare”. Un altro paletto su cui Matteo Renzi dovrà riflettere. Il segretario Dem sottoscrive, inoltre, il proposito pentastellato di arrivare a fine legislatura, tendendo la mano all’ex premier nel proporre “una riforma giustizia che coniughi al meglio garanzie costituzionali e tempi più brevi”. A differenza del capo politico 5Stelle, Zingaretti non cita il premier dimissionario, pur avendo affidato ai social la sua rinnovata fiducia in mattina in Conte come “sola personalità capace di raccogliere i consensi necessari”. Anche Federico Fornaro di Leu conferma il sostegno al premier dimissionario e avverte: “Non abbiamo posto veti ma chiediamo che anche le altre forze politiche si comportino di conseguenza”. Renzi non chiude e, dopo oltre un’ora da Fico, sposa l’idea del ‘contratto di governo’ e rilancia: “Noi siamo pronti a fare la nostra parte su un documento scritto che dice chi fa cosa e che toglie gli alibi”. E sulla richiesta di ‘accantonare’ il Mes sembra possibilista: “Se il M5s è contrario cercheremo di capire le ragioni e di affrontare tutti i punti in discussione, non solo Mes, se siamo disponibili a trovare soluzioni sul Mes lo siano anche gli altri”. La sintesi per Renzi non è lontana, ma per ora deve concentrarsi su un accordo sui contenuti perché “i nomi vengono dopo”. L’obiettivo, conferma il senatore toscano a capo della delegazione di Iv, è “un governo politico e non istituzionale” ma “non a tutti i costi”.

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