Governo, Conte sale al Colle: incontro interlocutorio. Ma il tempo stringe

Governo, Conte sale al Colle: incontro interlocutorio. Ma il tempo stringe
Crisi Governo: il Palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica

Un colloquio durato meno di un’ora, ma nessuna dimissione

Un “incontro interlocutorio” per riferire sullo stato della crisi aperta da Italia Viva. Risultato: Conte non si è dimesso. E’ durato meno di un’ora il colloquio al Quirinale tra il premier e il capo dello Stato Sergio Mattarella, faccia a faccia che doveva tenersi nel primo pomeriggio, poi slittato per il vertice di maggioranza – con i leader dei partiti presenti in video collegamento – convocato dal presidente del Consiglio per fare il punto sulla solidità dell’esecutivo dopo il voto in Senato. Dal Colle bocche cucite, l’unico commento che trapela è quello formale che non lascia spazio a interpretazioni.

Conte, secondo alcune fonti parlamentari, ha condiviso con Mattarella la volontà di proseguire, visto che i numeri – secondo il premier – ci sono e che c’è un lavorio già avviato per ulteriori rinforzi. Allargare il perimetro della coalizione è il progetto che richiede alcuni giorni, ma – ne è certo il capo del governo – consegnerà al paese una compagine forte e pronta per affrontare le sfide che porterà con sé la pandemia e chiuderà i dossier come il recovery Plan, fondamentali per la ricostruzione del Paese. L’inquilino del Colle ascolta, la sua opinione in merito è nota da tempo. In un momento di crisi economica, sociale e sanitaria, l’Italia ha bisogno di un esecutivo solido, stabile e soprattutto proiettato al futuro con un programma di legislatura, che lo porti quindi al 2023. Non è d’accordo il centrodestra che, dopo le mancate dimissioni invocate a gran voce, domani sarà a colloquio da Mattarella con la squadra dei leader al completo.

Da quanto trapela al termine dell’incontro, l’invito fatto da Mattarella al premier è stato quello di fare presto e bene. Sarebbe inaccettabile allargare lo spazio temporale del rischio, dove l’incidente sarebbe praticamente dietro l’angolo. Il capo dello Stato non può di certo opporsi a quei 156 voti favorevoli in Senato e destituire il premier. Da profondo conoscitore della Costituzione, il presidente della Repubblica ci ha abituato a una lettura attenta e precisa della Carta, relegando alle cronache politiche la libera interpretazione delle regole. Un voto in più dei contrari di fatto legittima il Conte 2 a proseguire certo, con l’obiettivo di non fermarsi a un conteggio fragile, non solo per la quantità ma anche per la qualità. Dal Colle era trapelata infatti nei giorni scorsi la necessità che si formasse un gruppo parlamentare riconoscibile, pronto a sposare il patto di legislatura – necessario e urgente – che sostenesse la nuova veste del Conte 2, senza i renziani. Un passaggio, è facile immaginare, che aprirebbe una nuova stagione della maggioranza con innesti che ne farebbero cambiare la fisionomia. Pertanto sarebbe necessario un nuovo passaggio al Quirinale per le dimissioni e la formazione di un nuovo esecutivo. Il Conte ter potrebbe essere, spiegano le stesse fonti, l’unica vera legittimazione e consentirebbe un restyling deciso invece che un semplice maquillage.

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