Confindustria, Bonomi lancia il ‘Patto per Italia’ ma indica il modello Francia

Il capo degli industriali punge il governo: "Se si fallisce nel compito che abbiamo di fronte andiamo a casa tutti"

La prima volta di Carlo Bonomi all’Assemblea della Confindustria nella veste di presidente doveva (per consuetudine) celebrarsi a maggio, invece la pandemia ha spostato l’appuntamento alla fine di settembre. Un contrattempo, senza dubbio, ma che ha consentito al nuovo capo degli industriali di interloquire con il premier Giuseppe Conte e il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, presenti nel salone dell’Auditorium assieme a mezzo esecutivo, forte dei 200 e rotti miliardi del Recovery Fund. A maggio avrebbe parlato necessariamente di vapore acqueo, di se e di ma e di forse, a settembre si è potuto permettere di inchiodare il governo alle sue responsabilità, presenti e future. “Se si fallisce nel compito che abbiamo di fronte, nei pochi mesi ormai che ci separano dalla prossima definizione delle misure da presentare all’Europa, non va a casa solo lei. Andiamo a casa tutti”, la frase secca, a inizio relazione, che ha scosso una platea isolata, distanziatissima, scarna di presenze a causa delle misure anti-covid.

Bonomi è stato meno appuntito rispetto al giorno della sua nomina: comunque netto e garbato nello stesso momento. In 45 minuti ha citato Weber e Zanardi, e poi Draghi e poi Ford. Il presidente di Confindustria si è aggrappato a tre parole: visione, coraggio e patto. Un patto per l’Italia. La visione di "unire ciò che il Paese sa fare con la modernità" manca per Bonomi da parecchi anni, così come il coraggio di guardare al futuro. Il pensiero è chiaro, lineare: oggi si costruisce il domani, oggi non si può fallire. E se si allarga la platea dei players, cioè oltre al governo e alle forze politiche anche agli industriali, agli imprenditori e alle parti sociali, magari si riuscirà a fare ciò che in Italia non si fa dalla notte dei tempi. Vedremo.

Una chiamata di responsabilità, l’allargamento delle competenze, una sponsa ai giovani e alle donne in modo che il futuro non abbia diseguaglianze di genere e di generazioni. Tutto giusto, tutto bello, poi però il modello citato dal capo di Confindustria è quello 'asciutto' di Relance France. Il sobbalzo sulla sedia di Conte è stato impercettibile ma c’è stato. Allinearsi a Macron, insomma, per evitare pasticci. Quel "abbiamo bisogno di una scelta simile" forse è stata la forzatura più grande e grossa del suo discorso. Bonomi ha celebrato gli industriali "con orgoglio" e ha chiesto al Governo, a Conte, ai ministri, delle risposte concrete. Che, peraltro, non gli sono arrivate in sala né da Patuanelli né da Conte. Probabilmente non era la sede giusta, sì, ma il tempo stringe. Allons enfant.