Il premier si prepara ad affrontare il complesso mese di gennaio: già in programma diversi vertici su temi caldi per la maggioranza giallorossa: su tutti la prescrizione
Il premier Giuseppe Conte prova a chiudere la 'crisi di Natale' innescata dalle dimissioni di Fioramonti prima del nuovo anno. Lo fa con una doppia mossa: la prima, che riguarda la composizione della squadra, viene annunciata a sorpresa durante la tradizionale conferenza stampa di fine anno. "Ritengo che la cosa migliore sia separare il comparto scuola da ricerca e università. Mi farò latore di un nuovo ministero", dice Conte, proponendo la sottosegretaria al Miur Lucia Azzolina per la Scuola e il presidente Crui Gaetano Manfredi, rettore della Federico II di Napoli, per università e ricerca. La seconda è quella di 'stoppare' eventuali nuovi gruppi parlamentari a suo sostegno, operazione in cui i rumors volevano impegnato lo stesso Fioramonti: "Non posso in questo momento pensare che dei parlamentari possano usare il mio nome per costituire un gruppo – dice Conte – Se ci sono rivolgo loro un appello: rimanete nelle vostre forze politiche".
Difficile essere più chiari di così. Alla vigilia di un nuovo anno – dopo un 2019 che lo ha visto alla guida di due governi con due diverse maggioranze – il premier prova a compattare la sua squadra. "Una frammentazione non fa bene all'azione di governo. Le manifestazioni critiche devono alimentare il dibattito interno alla singola forza politica", insiste. Che assicura di non avere "velleità di avere un partito o un gruppo di riferimento", ma "se proprio dovessi scegliere non propenderei su un ulteriore elemento divisivo". Nessuna volontà di un Conte ter, assicura, "per carità, no, no. Non dobbiamo cadere nella tentazione di credere di poter realizzare domani quello che possiamo fare oggi". E se il governo andasse a casa "sarebbe una sconfitta per tutti". Momenti duri ci sono già stati: "Ho pensato 'torno alla mia vita' quando dopo le Europee ho lasciato alle forze politiche una settimana di tempo per avere uno spazio di deliberazione sui risultati. I toni erano molto duri e ho pensato: 'Se non cambiano registro meglio andare a casa. Noi siamo qui per portare a casa risultati, se dobbiamo vendere fumo andiamo a casa'". Con una lezione: "La politica è credibilità. Il giorno in cui dovessi rendermi conto di perdere credibilità e la fiducia dei cittadini sarebbe un giorno di non ritorno".
Gennaio sarà un mese impegnativo. In agenda ci sono già una serie di vertici, dall'agenda alla prescrizione. Senza contare l'approssimarsi delle regionali, che non saranno, assicura il premier, un "referendum a favore o contro il governo". Quanto alla consultazione sul taglio dei parlamentari "ben venga" ma "lavoreremo fino all'ultimo giorno senza farci distrarre". Mentre sulla legge elettorale, che "non è materia che appartenga al governo" l'appello è a lavorare "in modo condiviso senza guardare all'interesse della prossima scadenza, cercando di consegnare al Paese un sistema funzionale".
Nel frattempo si avvierà l'iter per la nomina dei due nuovi ministri: bisognerà sdoppiare l'istruzione, probabilmente con decreto legge, poi la nomina del presidente della Repubblica e il successivo giuramento. Tutta farina del suo sacco, dicono a palazzo Chigi, la soluzione escogitata da Conte per il post Fioramonti. Ma "non c'era nessun piano – assicura il premier – e non è vero che non ho provato a far desistere Fioramonti. Lo rispetto, secondo me è stato un tempo troppo breve per arrivare a conclusioni così radicali, ma proprio perché lo rispetto ho meditato su cosa fare. I due nuovi ministri secondo me possono fare molto bene". Una fiducia condivisa dai principali azionisti di governo. "Sono due nomi che ci riempiono d'orgoglio", plaude Luigi Di Maio, mentre Nicola Zingaretti sottolinea che "la nomina di Manfredi segna poi per autorevolezza e competenza, nel campo dell'Università e della Ricerca, un deciso salto di qualità rispetto al passato".