Confindustria apre a mano pubblica

Bocciatura senza appello: così la trattativa rischia di terminare prima dell'inizio. All'indomani del piano choc presentato da ArcelorMittal con 4700 esuberi al 2023, il governo ribadisce il proprio disappunto, esattamente in un momento in cui sembrava spuntare il sereno sul futuro dell'ex Ilva. "Il progetto che ci è stato anticipato in un incontro non va assolutamente bene, è molto simile a quello originario, lo respingiamo", dice senza mezzi termini Giuseppe Conte, il frontman del negoziato con il colosso franco-indiano.

Lo stupore è tutto nei numeri: il 4 novembre Lakshmi Mittal aveva chiesto ben 5mila esuberi per rimanere e, un mese dopo, nel piano 2020-2024 presentato al Mise i tagli sono pressoché gli stessi, di cui ben 2900 da subito. Più che passi avanti forti indietreggiamenti, con la scadenza del 20 dicembre che ormai bussa alle porte.

Tra quindici giorni è attesa infatti l'udienza a Milano per la causa civile tra commissari straordinari e azienda, rinviata a fine 2019 proprio perché sembrava ci fossero "le condizioni per trattare". Tutto spazzato via dalle slide del Mise, che prevedono una produzione fino a sei milioni di tonnellate annue di acciaio solo tra quattro anni, con lo spegnimento totale dell'Altoforno 2.

Il governo, però, non molla il tavolo: "Lavoreremo durante questo negoziato agli obiettivi prefissati con il signor Mittal e che il signor Mittal si è impegnato con me personalmente a raggiungere. E ci riusciremo", è il messaggio di ottimismo del premier, che affida molto dell'esito di questo dossier al titolare del Mise Stefano Patuanelli, "deluso" dall'atteggiamento di Mittal. Entro lunedì l'esecutivo presenterà un "suo" piano industriale, con l'uso di nuove tecnologie, forni elettrici e altri impianti ecosostenibili, per arrivare a una produzione di otto milioni e tutelare i livelli occupazionali.

"Bisogna rifiutare piani che prevedono esuberi senza altre alternative", conferma la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli, in attesa di un nuovo round tra esecutivo e indiani. Senza un passo avanti da parte di Mittal, però, il commissariamento e la mini-nazionalizzazione sembrano uno scenario molto più concreto.

Tanto che anche il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, pur auspicando che prevalga il "buonsenso", ammette: "Noi non amiamo l'investimento pubblico ma è chiaro che, con siti strategici come questo, occorre fare una riflessione perché non pone solo la questione Taranto, si rischia di perdere competitività anche in altri settori". Insomma, fare buon viso a cattivo gioco, per non perdere quasi 11mila posti di lavoro, dopo un accordo siglato appena 15 mesi fa.

Intanto i sindacati annunciano battaglia: Fiom, Fim e Uilm hanno indetto uno sciopero nello stabilimento pugliese e negli altri siti del gruppo dalle 23 del 9 dicembre alle 7 dell'11, mentre una manifestazione nazionale andrà in scena martedì prossimo in Piazza Sant'Apostoli a Roma.

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