I grillini insistono per cambiare la riforma "Salva Stati", il leader della Lega: "Attorno al governo e al premier c'è un aria di menzogna che non fa bene al Paese"
Sul Mes il livello dello scontro si alza. Il problema non è solo Matteo Salvini, che affonda colpi su colpi contro la maggioranza sul fondo 'Salva-Stati', ma la spaccatura (evidente) tra gli alleati di governo. Il Movimento 5 Stelle è irremovibile, ufficialmente vuole che il trattato sia modificato, anche se qualcuno, sottovoce, spera addirittura che possa saltare. Cosa impossibile, ormai. Nel mezzo di questo fuoco (amico e non) si trova il premier, Giuseppe Conte, che prova a scrollarsi di dosso almeno le accuse della Lega di aver tradito il popolo italiano annunciando querele al suo ex vicepremier. Sortendo, però, scarsi effetti. Perché Salvini non si ferma: "Attorno a questo governo e al suo presidente del Consiglio c'è un'aria di menzogna che non fa bene al Paese". Il leader del Carroccio sente odore di sangue e morde: "Se qualcuno ha firmato qualcosa senza dirlo agli italiani ne pagherà le conseguenze". Mentre Giancarlo Giorgetti rilancia l'appello al Quirinale, perché nessuno possa farsi "beffa del Parlamento".
Nel frattempo il capo del governo lima l'intervento che terrà lunedì prossimo alla Camera per spiegare a che punto è davvero il Mes. Tema su cui è tornato a parlare anche Giovanni Tria, spiegando a 'Repubblica' che al tempo il ministro dell'Economia del governo giallo-verde "si oppose e la spuntò" dopo un'intera notte di trattative con altri Stati Ue che volevano che le "metodologie specifiche per valutare la sostenibilità dei debiti sovrani fossero rese pubbliche". Un punto "inaccettabile" per l'Italia. Infatti "nelle prime ore del mattino mi arrivò la telefonata di Conte che si complimentò, immagino che i due vicepresidenti fossero informati del buon risultato".
Uno era Salvini, appunto. L'altro, invece, era Luigi Di Maio, che ora tiene il punto: "Il tema non è il Mes in sé, ma se sia salva Stati o stritola Stati – dice il capo politico dei Cinquestelle -. Siamo tutti d'accordo nel Movimento che vada migliorato, non deve rappresentare rischi per l'Italia". E pur non rinunciando a "fare presenti tutte le perplessità", l'obiettivo è quello di "non creare difficoltà al governo, come lavoro di squadra". Il 'pasionario' pentastellato, Alessandro Di Battista, però, irrompe nel dibattito a gamba tesa: "Se fossi in Parlamento voterei contro il Trattato". Posizioni che irritano gli alleati dem, tanto che Nicola Zingaretti, rilanciando "un programma chiaro e condiviso di innovazione per una nuova agenda per il 2020", spiega che "il Pd è pronto nella chiarezza e nella lealtà" e "se le condizioni politiche esistono lo si vedrà subito, nei prossimi giorni, quando si dovranno affrontare insieme da alleati provvedimenti importanti, a cominciare dal Mes". L'eco delle polemiche arriva anche al mondo produttivo. "È evidente che non deve essere un accordo che esclude un Paese importante come l'Italia", dice infatti il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. Che continua a "confidare nelle parole del ministro Gualtieri e del premier". Toccherà a loro disinnescare anche questa mina sulla strada del governo.