L'inchiesta sull'ex cassaforte del renzismo si allarga
"Un'operazione in grande stile, all'alba, di forte impatto mediatico". Matteo Renzi descrive così le perquisizioni messe in atto questa mattina dalla guardia di finanza nell'ambito dell'inchiesta che coinvolge la Fondazione Open, nata nel 2012 (con il nome di Bing bang), con lo scopo di supportare le attività e le iniziative del senatore di Rignano, Leopolda compresa. Tra i reati contestati ci sono riciclaggio, traffico di influenze, autoriciclaggio e finanziamento illecito ai partiti.
Il leader di Italia viva resta in silenzio per tutto il giorno, poi, a sera, si concede un duro sfogo su Facebook. "Qualcuno prima o poi unirà i fili di ciò che è successo in questi mesi: a me sembra tutto molto chiaro", scrive sottolineando come la decisione sia stata presa dai pubblici ministeri di Firenze, Creazzo e Turco, che nel recente passato hanno firmato l'arresto per i suoi genitori, "provvedimento, giova ricordarlo – mette nero su bianco, che è stato annullato dopo qualche giorno dai magistrati del Tribunale del Riesame. Ma il danno mediatico, e psicologico, ormai era già stato fatto". Il leader di Italia viva si dice tranquillo: "Chi ha finanziato in questi anni la Fondazione Open ha rispettato la normativa sulle fondazioni". Poi lancia una provocazione: "Sono giunto al paradosso di dare un suggerimento per il futuro alle aziende: vi prego non finanziate Italia Viva se non volete passare guai di immagine". Poi il leader prevede un "crollo" delle donazione e chiede un aiuto: "Chi si ribella a questo massacro mediatico e vuole sostenerci non faccia mega versamenti ma piccole donazioni da 5, 10, 100, massimo 1.000€ sul conto corrente di Italia Viva".
Nessuna resa, comunque. "Aspetteremo con un sorriso la fine delle indagini, i processi, le sentenze, gli appelli. Noi ci fidiamo della giustizia italiana: ci possiamo permettere di aspettare perché conosciamo la verità. Io credo nella giustizia. E so che la giustizia arriva, prima o poi arriva".
Renzi risponde poi direttamente a Luigi Di Maio. Il capo politico del M5S, poco dopo la notizia delle perquisizioni, aveva dato all'operazione tutt'altra lettura: "Non è la prima volta che succede una cosa simile. È evidente – si era affrettato a scrivere su Facebook – che c'è un problema serio per quanto riguarda i fondi e i finanziamenti che ricevono i partiti che finalmente abbiamo disciplinato con la nuova legge anticorruzione. Lo abbiamo chiesto in più occasioni e continuiamo a farlo oggi: serve subito una commissione d'inchiesta sui fondi ai partiti". Il tema del finanziamento ai partiti, in realtà, ha sempre diviso il M5S dagli attuali alleati. In campagna elettorale, prima del voto delle Europee, la 'guerriglia' pentastellata si era scagliata contro la proposta del tesoriere Pd Luigi Zanda di ripristinare un fondo pubblico e trasparente per le spese istutuzionali delle formazioni politiche, poi ritirata. Anche adesso che Renzi – almeno in teoria – non è più un avversario, Di Maio non ammaina la bandiera: "Lo chiederemo nel contratto di governo che vogliamo far partire a gennaio. Si chiami patto, contratto, accordo, l'importante è che ci siano i contenuti. Questo Governo durerà tre anni, se le forze politiche di Governo saranno compatte e se garantiremo la massima trasparenza sulla gestione di fondi pubblici e privati", assicura.
Il leader di Italia viva non si lascia intimidire e contrattacca: "Se altri partiti utilizzano questa vicenda per chiedere commissioni di inchiesta sui partiti e sulle fondazioni io dico che ci sto. Anzi, rilancio: dovremmo allargare la commissione di inchiesta anche a quelle società collegate a movimenti politici che ricevono collaborazioni e consulenze da società pubbliche", avvisa. Il riferimento a Rousseau e alla Casaleggio Associati è puramente voluto. Di Maio ribatte: "Serve trasparenza, indagate su quello che volete", ma le acque della maggioranza si fanno sempre meno tranquille.