Regionali, gli iscritti ribaltano la linea Di Maio: il M5S correrà in E.Romagna e Calabria

Vince il no con il 70,6. Salvini: "I militanti hanno sfiduciato Di Maio e Grillo, e con loro il governo contro natura col Pd"

Gli iscritti del M5S dicono no alla 'pausa elettorale'. Il Movimento deve correre alle elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria, il voto dei militanti (27.273 sui 125.018 degli aventi diritto) sulla piattaforma Rousseau è inequivocabile: il 70,6% (19.248 militanti) non vuole sottrarsi alla sfida delle urne e rimandare gli stati generali che Luigi Di Maio avrebbe voluto celebrare a marzo del prossimo anno, come il 29,4 dei votanti (8.025 in valori assoluti). La linea del capo politico ("correremo solo dove siamo pronti"), dunque, viene completamente ribaltata dagli iscritti, ma il segnale non sembra preoccupare più di tanto. O almeno è questa l'idea che emerge dal post Facebook che accompagna quasi in tempo reale i risultati e dalle dichiarazioni in cui il ministro degli Esteri dice di accogliere con entusiasmo il responso di Rousseau, conservando almeno la possibilità di correre da soli, senza Pd, come da richiesta dei rappresentanti dei territori.

Il leader non nasconde che "c'è un momento di difficoltà", e questo voto lo conferma appieno. Tanto che l'ex alleato Matteo Salvini prova a monetizzare ancora ("I militanti hanno sfiduciato Di Maio e Grillo, e con loro il governo contro natura col Pd. Le porte della Lega sono aperte a chi vuole davvero il cambiamento"). Ma Di Maio dà le colpe al fatto che "dopo 18 mesi al governo e 10 anni nelle istituzioni, abbiamo bisogno di definire nuovi obiettivi e una nuova organizzazione". Ecco perché ha insistito sugli stati generali e sul fatto che "bisogna dedicare tutte le nostre energie" a questo target. Che è fiscamente inconciliabile con l'organizzazione delle campagne elettorali per un movimento che ancora non ha un radicamento sui territori e una struttura forte per tenere insieme tutti i tasselli del puzzle. Capita così che gli possa scappare da sotto al naso un documento di 500 firme (tra deputati, consiglieri regionali, comunali e attivisti) che chiede di non sottrarsi alla sfida delle urne, ergo dal giudizio dei cittadini. Anche se il ministro degli Esteri minimizza: "Non ho capito perché da 10 anni a questa parte, se il Movimento decide in rete si parla di spaccatura".

È evidente, però, che tra i Cinquestelle la frattura è larga. Non crea scosse telluriche, ma è indicativo che pure Paolo Parentela, coordinatore per la campagna elettorale per le regionali in Calabria, abbia deciso di annunciare le dimissioni immediate dall'incarico per "coerenza", ma in aperta polemica con la scelta di affidare una decisione così importante al voto di Rousseau. Consultazione che – chiarisce Di Maio – è stata decisa "insieme a Beppe Grillo e Davide Casaleggio", come accade in tutti i momenti importanti della vita del M5S. Posizione che cozza con quella, invece, del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, favorevole a fermare le bocce per prendersi un periodo di riflessione per capire "come migliorare, anche alla luce dei risultati elettorali che non ci hanno premiato a livello locale, e su come rilanciare con nuove idee la nostra visione dell'Italia per i prossimi 10 o 20 anni". Dovrà rimboccarsi le maniche anche lui, perché il popolo pentastellato ha scelto e non quello che avrebbero voluto ai piani alti del Movimento