De Michelis, La Ganga: “Si sentiva uno sudato in sala macchine”

L'ex socialista craxiano e oggi esponente del Pd torinese ricorda il suo compagno di partito con LaPresse

"Parlava con un'eloquenza torrentizia, snocciolava dati, sviluppava argomenti con il rigore della sua formazione scientifica, travolgeva con l'entusiasmo e la fermezza delle sue idee". Questo era Gianni De Michelis per Giusi La Ganga, ex socialista craxiano e oggi esponente del Pd torinese, che con LaPresse ricorda il suo compagno di partito.

Oltre alla politica quale ricordo la lega a De Michelis? Ci ha lasciato stanotte, dopo una lunga malattia che lo aveva allontanato dalla vita politica e dagli amici. Con Gianni non c'era solo la lunga consuetudine di partito. Ci univa anche un rapporto sviluppatosi nel tempo: non solo lo stimavo, ma gli volevo bene. Apparteneva a quei politici tutta sostanza, che non hanno paura dei conflitti e del duro lavoro che unisce l'impegno intellettuale e l'azione pratica. Usava dire che lui era uno di quelli che nella nave stava 'in sala macchine, sudato e coperto di grasso, mettendo altri in condizione di stare sul ponte a prendere il sole'.

De Michelis che socialista è stato? Di solida tradizione, con un padre pastore valdese, ha avuto un'esperienza nella Unione Goliardica italiana. Poi la politica locale, la carriera universitaria, per approdare precocemente in Parlamento. E' stato uno dei principali protagonisti del socialismo italiano di fine secolo. Amava la discussione: da ministro del Lavoro difendeva in fabbrica le sue ragioni, accettando di buon grado il contraddittorio e cercando di convincere gli interlocutori. Non si tirava indietro. Aveva una formidabile capacità di lavoro, che gli consentì di fare in anni difficili il ministro degli Esteri in modo assai dinamico, con una conoscenza puntuale di tutti i dossier, sorprendente per chi era abituato a ministri che si affidavano agli ambasciatori e ai funzionari.

Molti ricordano De Michelis e tanti lo hanno criticato per il fatto che amava andare in discoteca… Amava la vita e viveva intensamente, con un ritmo che per molti sarebbe stato insostenibile. Amava il ballo, e non lo nascondeva, anzi. E, nei prodromi dell'antipolitica, questo gli veniva rinfacciato come una colpa. Ridicolo, soprattutto se pensiamo allo spettacolo dell'odierna politica.

Lei lo aveva incontrato di recente? Lo vidi l'ultima volta a Roma, due o tre anni fa, e i segni del male che lo affliggeva erano ormai evidenti. Mi strinse il cuore vedere le sue difficoltà di movimento e di parola. Ci abbracciammo senza dire nulla. E non lo vidi più.

Umanamente come si sente adesso che anche questo protagonista della Prima Repubblica se ne è andato? Dopo Bettino, Gianni. Non vi nascondo di provare un grande dolore per una storia che non riesce a trovare giustizia. Con la malinconia del tempo che passa e di una comunità culturale prima che politica che si è irrimediabilmente dispersa, obbligando ciascuno di noi alla ricerca di nuove strade per difendere i nostri antichi valori.