Diciotti, martedì il voto: la ‘grazia’ a Salvini divide il M5S. Malcontento su Di Maio

I pentastellati saranno decisivi per la decisione della giunta delle autorizzazioni. In gioco da una parte la maggioranza, dall'altra il movimento stesso

Matteo Salvini ha cerchiato in rosso la data di martedì 19 febbraio. È la deadline indicata dalla giunta per le autorizzazioni del Senato per decidere se mandarlo alla sbarra davanti ai giudici del Tribunale dei ministri di Catania per il caso Diciotti o risparmiare il processo al vicepremier e responsabile del Viminale. Salvando, di fatto, anche gli equilibri della maggioranza. Perché i voti decisivi saranno proprio quelli del Movimento 5 Stelle, spaccato in due come una mela sul da farsi e logorato dalla contrapposizione tra chi vorrebbe derogare alle regole auree pentastellate, dicendo no ai magistrati, in leggerissimo vantaggio su chi, invece, continua a difendere con le unghie e con i denti i dogmi creati da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo: no all'immunità, sempre e comunque.

Da questo delicatissimo passaggio parlamentare dipende anche il futuro prossimo del Movimento. Non si respira una bella aria nella truppa, già delusa da questi primi 8 mesi di coabitazione con la Lega, durante i quali – questa è la lamentela principale – non è stata studiata una strategia adatta a una forza di governo. Sfruttare la stessa linea di quando Luigi Di Maio e i suoi erano all'opposizione di Renzi e del Pd ha pagato pochissimo, mentre Salvini, abituato a stare nel mare magnum della politica, ha capitalizzato ben oltre i suoi meriti. Lunedì scorso, all'indomani della batosta in Abruzzo, una cinquantina di parlamentari circa, riferiscono fonti bene informate, si sono riunite per scambiarsi "riflessioni", ma alla fine l'incontro è diventato uno sfogatoio sul modo di gestire adottato dai vertici del M5S. In maggioranza erano deputati alla prima esperienza, ma anche tra i 'veterani' la sensazione è la stessa.

Nemmeno le ultime proposte di Di Maio – versione capo politico – convincono. Secondo la consigliera regionale del Lazio, Roberta Lombardi, "Luigi ha troppi incarichi" e anche se "in gamba, veloce, brillante, è comunque un essere umano" e "non Mandrake". Per inciso, l'ex capogruppo alla Camera è per il sì all'autorizzazione a procedere contro Salvini. Come le senatrici Paola Nugnes e Elena Fattori, ormai 'clienti fisse' della lista dei dissidenti interni. Le parlamentari ritengono anche inutile un voto online sulla piattaforma Rousseau: la prima perché sarebbe la "ratifica di scelte decise dall'alto", la collega invece perché si tratta di "interesse nazionale e non di interessi degli iscritti al M5S". Per tutti questi motivi, la riunione congiunta di deputati e senatori, in programma lunedì sera, sarà un primo, vero spartiacque per Di Maio, che toccherà con mano l'insofferenza dei suoi.

In questo clima, però, ci sono anche le europee da affrontare. E saranno decisive per i Cinquestelle. Il capo politico venerdì 15 febbraio annuncerà i nomi delle 4 forze politiche con cui il Movimento stipulerà un accordo programmatico in vista delle urne. Da quanto si apprende, in attesa di lavorare ad altre alleanze nelle prossime settimane, il vicepremier dovrebbe presentarsi accanto ai leader del chiacchierato movimento di destra polacco Kukiz'15, del partito croato Zivi Zid, del movimento finlandese Liike Nyt e del partito greco Akkel. Altra carne a cuocere sulla graticola pentastellata.