Il ministro dell'Ambiente: "Mi farò dei nemici? Saranno gli stessi nemici dell'ambiente e del Paese". Il sottosegretario leghista replica: "Decide il Parlamento, non lui"
"Non firmo e non firmerò autorizzazioni a trivellare il Paese anche se dovesse esserci il parere positivo della Commissione Via-Vas". Non usa mezzi termini il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, per ribadire il suo 'no' alle trivelle in mare. "Le alternative ci sono – spiega in un post su Facebook -. Si chiamano "energie rinnovabili" se bisogna investire, è quella la direzione. Ricordo che un miliardo di euro investito in rinnovabili ed efficientamento energetico crea fino a 13 mila posti di lavoro. È anche una questione economica: vogliamo puntare sulle fossili, che impoveriscono il territorio e che creano pochi posti di lavoro o sulle rinnovabili, perseguendo gli obiettivi di sostenibilità europei, aiutando il clima e creando tanti posti di lavoro? Mi farò dei nemici? Saranno gli stessi nemici dell'ambiente e del Paese".
Appoggia la posizione di Costa il presidente della Camera, Roberto Fico, che sempre su Facebook scrive: "Non si può pensare di vivere il presente e progettare il futuro restando ancorati a modelli del passato. Viviamo un'epoca di transizione energetica che può solo andare avanti e non ammette passi indietro. Un momento di evoluzione e trasformazione che riguarda l'energia e i modelli di sviluppo e che detta la strada da seguire, quella delle fonti rinnovabili, con l'abbandono progressivo delle fonti fossili. In questo quadro di rivoluzione economica ed energetica vanno sospese le ricerche di nuovi giacimenti di idrocarburi, a partire dalle trivellazioni in Italia. Dobbiamo investire nelle rinnovabili, nel futuro. Il passato e le tecnologie obsolete, lasciamoceli alle spalle".
Ma lo scontro si apre con la Lega, secondo cui il ministro non può bloccare una decisione politica presa dal Parlamento. A decidere sono le Camere e, una volta scelta la via, un ministro non può che prenderne atto, è il ragionamento di Massimo Garavaglia. "Fino a prova contraria – sottolinea il sottosegretario all'Economia – l'Italia è ancora una Repubblica parlamentare".