Manovra, la giornata della fiducia. Ma i problemi sono solo rinviati

Oggi arriverà il "sì" della Camera, ma la grandi questioni per arrivare all'accordo con la Ue, non sono ancora decise. Il fronte interno, lo scontro Lega-M5s e il dialogo con gli imprenditori. Le opposizioni si fanno sentire

Un caffè a Palazzo Chigi tra Conte, Salvini e Di Maio per fare il punto sulla manovra nella giornata che, questa sera, culminerà nel voto di fiducia alla Camera. Giornata complessa, non tanto per il voto in sé (che è scontato) ma perché il tempo che passa ci avvicina sempre di più allo showdown con l'Unione Europea e non sembra ancora che tutti i tasselli siano andati a posto. Conte doveva incontrare Juncker martedì prossimo, ma l'incontro diventerebbe inutile se il premier non avesse una proposta concreta e praticamente definitiva da portare all'attenzione della Commissione Europea. E' possibile, dunque, uno slittamento.

I nodi da sciogliere sono sempre gli stessi: pensioni (quota 100) e reddito di cittadinanza. Nel disegno di legge sul Bilancio che la V Commissione e l'Aula  della Camera hanno fin qui esaminato, ci sono rispettivamente 6,7 e 9 miliardi. Ieri sera, a un certo punto, è arrivato un emendamento (per il quale c'è stato un ritorno "tecnico" in commissione) ma si trattava solo di portare la cifra per le pensioni da 6.999 milioni a 7.000. Le modifiche importanti, quelle che finiranno prima nell'accordo con Bruxelles e, poi, nell'eventuale maxiemendamento al Senato, dovrebbero essere molto più sostanziose: da 1 a 2 miliardi in meno per ciascuna voce e, forse, anche di più.

La questione è fin dove accettare le richieste dell'Unione Europea che, considerando la debolezza della crescita italiana, vorrebbe un rapporto deficit/pil all'1,9%. Nel governo italiano le posizioni sono diverse: il ministro dell'Economia Giovanni Tria sembra schierato per accettare le richieste della Ue, Salvini e Di Maio non vogliono scendere sotto il 2%/2,1% ma, soprattutto, non vogliono intaccare i tempi delle due riforme e vogliono che siano tutte e due operative e tangibili prima delle elezioni europee di giugno. Conte sembra essere in posizione intermedia anche se, poi, è lui quello che andrà a metterci la faccia con la Ue e subirà l'assalto di Juncker e Moscovici che sarà certamente gentile nei toni ma fermissimo nei contenuti.

L'altro fronte è quello interno: con Salvini che non perde occasione per affondare le proposte targate M5S (vedi alla voce Ecotassa) che facciano o meno parte del programma, Berlusconi che continua a ripetere il mantra del governo che sta per cadere, Di Maio che fa fatica a tenere calmi i suoi che, se potessero, si azzufferebbero volentieri con gli alleati leghisti. Una separazione sarebbe, a questo punto, tra le cose possibili, ma troppe altre questioni si aprirebbero a cominciare dai rischi per un Paese che si troverebbe senza governo, con una manovra economica "appesa", le elezioni europee di giugno alle porte e tante incognite. Così, con ogni probabilità, le fibrillazioni continueranno, ma si andrà avanti ancora per un bel po'. Di certo, nella prossima settimana può succedere di tutto perché una decisione sull'accordo con la Ue va presa e, difficilmente, l'intesa possibile sarà indolore e neutrale rispetto al programma di governo. Probabile che incida abbastanza pesantemente sulle promesse elettorali di Lega e M5S.

E ieri, a questo proposito, si è molto parlato dell'isolamento di Tria che, ormai sarebbe inviso sia ai gialli che ai verdi e sempre più vicino alle dimissioni. Il ministro fa sapere che tiene duro (in privato, però, sembra non poterne più) e, questa mattina, è stato difeso da Di Maio. 

Sia Salvini che Di Maio, intanto, provano a tappare qualche falla e cercano il dialogo con un settore, quello degli imprenditori che (con l'assemblea Sì Tav dell'Opr a Torino) gli ha voltato duramente la spalle. Così, Salvini (che domenica vedrà per un caffé i rappresentanti delle 12 categorie imprenditoriali pro Tav) ha tirato fuori un emendamento per trovare subito almeno 400 milioni per le piccole e medie imprese. La Lega lo ha presentato alla Camera e prevede che il 3% dei Piani individuali di risparmio (12,6 miliardi raccolti nel 2017, altri 4,2 circa nel 2018) vengano investiti a favore di piccole e medie imprese e Start Up. "Passiamo dalle parole ai fatti", ha detto Salvini.

E Di Maio ha fatto subito sapere che "nella Legge di Bilancio ci saranno novità sul costo del lavoro: si sta pensando a un incentivo per le imprese che assumono a tempo indeterminato". Altro punto delicato per gli imprenditori che, negli ultimi giorni hanno duramente criticato il decreto dignità che avrebbe fatto crollare le assunzioni a tempo indeterminato.

Renato Brunetta – E le opposizioni alzano la testat: "Siamo completamente d'accordo con il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia quando afferma che questa manovra non piace al 100% degli imprenditori italiani. E non potrebbe essere diversamente. Come poter giudicare bene, infatti, una Legge di Bilancio che non contiene alcuna misura favorevole alle imprese e allo sviluppo? Questo Governo, soprattutto nella sua componente leghista, si era presentato agli italiani come soluzione ai problemi dell'industria. Si è rivelato tutto l'opposto". Lo scrive in una nota Renato Brunetta, deputato e responsabile della politica economica di Forza Italia.

Nicola Zingaretti – Ed ecco Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e candidato (favoritissimo) alle primarie del Pd: "Anche oggi assistiamo all'ennesima retromarcia del governo, questa volta sul dialogo con le imprese che hanno manifestato clamorosamente la loro contrarietà alla manovra e preoccupazione per lo scontro con l'Europa. È l'ennesimo dietrofront del Governo del fallimento, dopo quello sull'accisa aggiuntiva per i cittadini liguri e sulla stangata per chi acquista un'utilitaria, che hanno promesso di modificare ma che per il momento, con l'approvazione della manovra alla Camera, rimane ancora scritto nero su bianco nella legge di bilancio. È un Governo completamente allo sbando, il governo dell'incertezza, che si accorge solo oggi delle gravissime conseguenze di una procedura di infrazione europea, che significherebbe, ad esempio, il blocco dei fondi di coesione. Ora provano a correre ai ripari riscoprendo il confronto con le imprese e con l'Europa. Dopo essere partiti incendiari e fieri, parafrasando una nota canzone, finiscono per essere pompieri". 

Roberto Speranza – Attacca anche Roberto Spranza, deputato di Liberi e Uguali che punta sul paradosso della fiducia posta su un provvedimento che, si sa già, dovrà essere profondamente modificato al Senato: "Stasera alla Camera si vota la fiducia sulla manovra di bilancio. Non era mai accaduto che un voto così importante avvenisse su un vero e proprio 'scatolone vuoto'. Non si sa ancora neanche quale sarà il rapporto deficit/pil. Il governo – sottolinea Speranza -, spaventato dalla reazione dei mercati, sta provando una clamorosa retromarcia dal 2,4 annunciato con tanto trionfalismo dal balcone di Palazzo Chigi, ma ancora non si capisce quale sarà il punto di intesa con la commissione europea (2,2? 2,0?)". "Nel frattempo – aggiunge Speranza – dei due principali provvedimenti, reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni, non si sa nulla. Se ne conoscono solo i titoli. Quello di stasera è un voto su una manovra fantasma che prende in giro il Parlamento e che non risolve alcun problema della vita reale degli italiani".