Il capo dello Stato ha incontrato Di Maio, Salvini e il premier Conte, oltre ai ministri competenti Tria e Moavero Milanesi. Il cruccio dell'inquilino del Colle è e resta l'equilibrio del bilancio, i risparmi degli italiani, il rilancio dell'occupazione e l'equità sociale
Il passaggio dai messaggi in bottiglia a quelli recapitati ai diretti interessati era atteso ed è arrivato. Sergio Mattarella non poteva restare totalmente fuori dal campo di gioco perché questa volta a rischio poteva essere il bene e il futuro del Paese, che la Costituzione consegna proprio nelle sue mani. È per questo che a pochi giorni dalla cena a Bruxelles con il commissario europeo Jean-Claude Juncker, il capo dello Stato ha incontrato non solo Luigi Di Maio, ma anche Matteo Salvini e il premier Giuseppe Conte, oltre ai ministri competenti Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi. Un faccia a faccia, si apprende da ambienti parlamentari, Mattarella lo ha avuto anche con Paolo Savona, teorico del 'piano B', con cui il capo dello Stato ha avuto un confronto franco e diretto.
Del titolare degli Affari europei il capo dello Stato ha apprezzato l'ammorbidimento delle posizioni, a partire dalla linea da tenere nei rapporti con l'Europa. Il messaggio è sempre quello, ma questa volta le parole del presidente rivolte ai diretti interessati, in colloqui separati e strettamente riservati, hanno un retrogusto amaro, quasi un ammonimento: puntare al dialogo con Bruxelles nell'unico interesse dell'Italia e della sua economia. Il cruccio dell'inquilino del Colle è e resta l'equilibrio del bilancio, i risparmi degli italiani, il rilancio dell'occupazione e l'equità sociale. Temi su cui Mattarella sa di essere unico argine di garanzia.
Una mossa che ha prodotto i suoi effetti con la svolta, almeno nei toni, di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e con un governo nel suo complesso più collaborativo e possibilista anche a limare qualche decimale sul rapporto Deficit-Pil. Un modo di porsi di fronte all'Ue che potrebbe riaprire la trattativa, invece di incancrenirsi sul terreno dello scontro senza ritorno. E mercati e finanza evidentemente hanno apprezzato. Certo non spetta al presidente intervenire o suggerire misure e tagli da fare nella manovra, prerogative dell'esecutivo. Suo compito però è vigilare e, quando è necessario, da buon arbitro riportare l'ordine nel campo di gioco. Soprattutto quando ritiene che la squadra perda di vista l'obiettivo primario: il bene del Paese.