Ora che Salvini e Di Maio sembrano essersi convinti a ridurre il rapporto deficit/Pil sotto il 2.4% le minoranze provano a prendersi parte del merito

Per settimane le opposizioni hanno attaccato a testa bassa il governo giallo-verde sulla manovra. Ora che i due leader, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, sembrano essersi convinti a ridurre il rapporto deficit/Pil sotto il 2.4%, le minoranze provano a prendersi parte del merito. Senza, però, abbassare la guardia. "Meno male, speriamo che facciano sul serio", dice Matteo Renzi. "Il loro assurdo braccio di ferro – prosegue il senatore del Pd – è costato al sistema Italia circa 300 miliardi di euro. Per essere sintetici: hanno vinto truffando gli elettori, stanno governando impoverendo i risparmiatori".

Picchia duro anche Mariastella Gelmini: "Dopo aver sbandierato ai quattro venti la mirabolante 'manovra del popolo', è pronto a fare marcia indietro su tutto". Il capogruppo di Forza Italia alla Camera si chiede "che fine faranno il reddito di cittadinanza e l'abolizione della legge Fornero? Saranno rinviati, annacquati e verranno raccontate agli italiani ancora altre bugie. Questi signori stanno distruggendo i conti pubblici, indebitando il Paese e in pochi mesi sono riusciti, solo con l'irresponsabilità dei loro annunci, a bruciare decine di miliardi di euro". L'ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, invece, definisce i vertici di governo "bulli di cartapesta", mentre il presidente dei deputati Pd, Graziano Delrio, dice: "Basta chiacchiere, i 'tiriamo diritto' e i 'me ne frego' hanno portato l'Italia a perdere 7 miliardi in termini reali con l'aumento dello spread".

Sul tema è intervenuto anche l'ex premier e presidente della Commissione Ue, Romano Prodi: "Le parole di Salvini vorrebbero dire che tutto sommato può anche darsi che si trovi un accordo", ma "attenzione, è successo già in passato: una parola di buonsenso viene poi annullata dalle liti interne". Per il Professore "abbiamo fatto mesi di commedia, che è stata una tragedia per la nostra immagine e anche per il nostro portafoglio, un danno tremendo". Sestino Giacomoni, deputato e membro dell'ufficio di Presidenza di FI, uno dei consiglieri più ascoltati da Silvio Berlusconi, invece, non butta la croce addosso al ministro dell'Interno: "Concordiamo con Salvini, il problema della manovra non sono i decimali, ma la sostanza. A noi non preoccupa se il deficit sia al 2,4, al 2,2 o al 2,6 per cento ma il fatto che si aumenti il debito non per fare investimenti o per ridurre le tasse, ma per fare spesa corrente".

Eppure il collega di partito, Renato Brunetta, si fida poco del dietrofront: "Un trucco politico-contabile per far credere alla Commissione Ue di aver cambiato atteggiamento", sostiene spiegando le sue ragioni: "E' una riduzione di circa 2 decimali nel rapporto deficit/Pil, preservando l'impianto complessivo della manovra. Un niente, in pratica". La battaglia prosegue.

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