L'ex ministro esclude un ticket con Teresa Bellanova

Alla fine, tanto tuonò che piovve. Dopo settimane di tentennamenti e di annunci rinviati, Marco Minniti mette in campo la sua candidatura e lo fa dalla pagine di Repubblica escludendo un ticket con Teresa Bellanova. Ci tiene a sottolineare che non lo manda Matteo Renzi, che lui è "autonomo" e uomo di "carattere". Ma la flotta gigliata, inutile negarlo, lo appoggia e lo sostiene. Lo dimostra, anche, e non solo, quella lista dei 551 sindaci, tra i quali spicca il primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, che hanno sottoscritto un documento in cui mettono a verbale che "serve una guida forte e autorevole, per un'opposizione netta e per un'alternativa riformista e di popolo".

E questo auspicio porta il nome di Minniti, il 'riformista' che vuole "rigirare il partito come un calzino", e che intende "mettere in campo persone capaci al di là delle correnti". C'è un minimo di analisi autocritica nel suo manifesto programmatico, quando l'ex ministro dell'Interno parla di un partito "ripiegato su se stesso" e "assente". Ma il suo sguardo è verso il domani, con un Pd "argine democratico a questa maggioranza nazionalpopulista", per i deboli e contro l'aristocrazia.

La candidatura trova subito un sostegno "pesante" in Carlo Calenda, secondo il quale "Marco è una persona di livello. È stato un collega prezioso al governo che si è sobbarcato un carico difficile. L'importante è che tra lui, Zingaretti e Richetti prevalga un approccio di reciproco rispetto".  E a proposito di contesa a tre, Minniti, con grande fair-play, ci tiene a specificare che "se nessuno arriva al 51%, sarà uno scacco per l'intero Pd. Ecco perché, se non ci posso arrivare io, ci arrivi qualcun altro".

Se Nicola Zingaretti punta a rappresentare il punto di svolta, l'uomo che ha promosso sotto il governo Renzi una linea intransigente sull'immigrazione, getta le sue basi "per una sinistra a favore dei deboli", quelli che, questa è l'accusa, per troppo tempo i dem hanno ignorato.

Ora tutti attendono che anche Martina sciolga la riserva: la sua candidatura potrebbe inserirsi, per certi versi, a metà tra quella di Zingaretti – popolare nella sinistra del partito – e quella di Minniti, ottenendo il sostegno di Graziano Delrio, ex ministro dei Trasporti molto apprezzato nella base del partito, e di Matteo Orfini, presidente del Pd. Martina pone come sua condizione "un gioco di squadra", con il "sostegno trasversale e la mobilitazioni nei territori". La sfida è tutta da giocare, con un partito che che è ancora in analisi dopo la sconfitta epocale dello scorso marzo.
 

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