Al momento non sembrano in vista espulsioni o sospensioni: l'imperativo categorico è evitare danni di immagine

Non sarà un processo e nemmeno una gogna, ma il gesto dei 5 'dissidenti' del M5s che non hanno votato la fiducia al governo sul decreto Sicurezza, non può restare impunito. Ecco perché il gruppo parlamentare del Senato si è già mosso: "Ho segnalato ai probiviri il comportamento tenuto in aula dai senatori Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura, che hanno avviato un'istruttoria nei loro confronti", annuncia il capogruppo, Stefano Patuanelli. Che alza il tiro: "Si tratta di un comportamento particolarmente grave, visto che si trattava di un voto di fiducia al governo".

Chi si aspetta punizioni esemplari, però, resterà deluso. Al momento non sembrano in vista espulsioni o sospensioni. Semmai un richiamo scritto. Anche perché mandare via di colpo 5 senatori, quando la maggioranza a Palazzo Madama si regge su 6 parlamentari di vantaggio rispetto alle opposizioni, sarebbe un 'harakiri' clamoroso. Inoltre, sarebbe difficile da spiegare all'opinione pubblica un gesto così eclatante contro chi ha solo esercitato le prerogative del proprio mandato. La giostra è cambiata, il Movimento 5 Stelle oggi è il primo partito d'Italia e azionista di riferimento del governo: l'imperativo categorico è evitare danni di immagine. Allo stesso tempo, però, non si può passare sopra allo 'sgarbo'. Ecco perché la convinzione generale è che alla fine – mutuando le regole del calcio – i dissidenti se la caveranno con una sorta di cartellino giallo, pronto a diventare rosso al prossimo passo falso.

Ad ammorbidire i toni ha contribuito sicuramente la strategia, scelta dai cinque, di non partecipare al voto, abbassando di fatto il quorum (basta la maggioranza dei votanti al Senato). Nugnes, De Falco e Fattori, però, sono andanti anche oltre, volendo rimarcare, con un intervento in aula, che la loro decisione è dovuta solo alle criticità riscontrate sul decreto Sicurezza, ma la fiducia nel governo giallo-verde e in questa maggioranza restano "immutate". Qualche esponente del M5s, a fine seduta, con il sì al provvedimento in tasca, si lascia scappare che "forse avrebbero fatto meglio a non dire proprio nulla", ma ormai tutto si era già compiuto.

Inoltre, il dissenso non ha lasciato segni nell'esecutivo, visto che il sottosegretario pentastellato, Carlo Sibilia, è uscito sereno e sorridente da Palazzo Madama: "Mi sembra che sia andato tutto bene, quindi apposto così". Mentre Matteo Salvini ha lasciato correre… alla sua maniera, però: "Se questi pochi Cinquestelle hanno cambiato idea su quello che c'è scritto nel contratto di governo, sono liberi di farlo. Siamo in democrazia". Tanto ora tocca ai probiviri emettere 'l'ardua sentenza'.

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