Nel mirino Paola Nugnes e Gregorio De Falco. Ora tocca a Di Maio risolvere l'impasse

Houston, abbiamo un problema. Le prime crepe nella maggioranza si rendono visibili all'occhio umano sul decreto Sicurezza, il provvedimento principale dell'azione di governo di Matteo Salvini. Pomo della discordia sono gli emendamenti presentati al provvedimento dai 'dissidenti' del Movimento 5 Stelle, Paola Nugnes e Gregorio De Falco. Terreno di 'scontro' è la commissione Affari costituzionali del Senato, dove i due pentastellati hanno presentato la bellezza di 49 emendamenti sugli 81 firmati da esponenti del gruppo. Una mossa considerata 'ostile' dalla Lega, che infatti ha chiesto e ottenuto, nella trattativa tra Salvini e Luigi Di Maio sul decreto fiscale, di ridurli a 19, ma condivisi da entrambe le forze di governo. L'accordo prevedeva la retromarcia leghista su scudo per i capitali all'estero e condono penale in cambio della rinuncia dei Cinquestelle a modificare gli articoli 1, 10 e 12 del decreto Sicurezza, quelli che riguardano l'immigrazione e il diritto di asilo.

Qualcosa, però, deve essere andato storto, se alle rassicurazioni del capo politico M5S non sono corrisposti poi i fatti: De Falco e Nugnes non ci pensano nemmeno a ritirare i propri emendamenti. È l'ufficiale della Marina militare a spiegare il perché: "Ci sono alcuni principi sui quali non posso deflettere, avendo giurato sulla Costituzione, da militare, e mantengo questo giuramento". In particolare, il parlamentare Cinquestelle ci tiene "a quelli sull'articolo 10" che riguardano il diritto d'asilo: "La questione è molto semplice, sostanzialmente sto seguendo le indicazioni del presidente della Repubblica", sottolinea. La convinzione è granitica, visto che si spinge a dire che "alcuni miei emendamenti sono essenziali, se non fossero approvati avrei difficoltà a votare il decreto".

Gli unici finora a seguire le indicazioni del gruppo sono Bianca Laura Granato, che ha cancellato le sue 6 proposte di modifica, mentre il collega Valerio Romano ha solo ritirato la firma, ma non essendo primo promotore non decadranno. Troppo poco per la Lega, che aspetta l'intervento di Di Maio. "Il decreto Sicurezza è fondamentale per il governo e per il Paese, quindi vogliamo assolutamente difenderlo", dice il sottosegretario all'Interno, Nicola Molteni, uno degli uomini più vicini a Salvini. "Questo provvedimento è nel contratto di governo, quindi sono convinto che Luigi Di Maio manterrà, come ha fatto fino ad oggi, lealtà e correttezza rispetto al contratto, in cui – puntualizza – i temi dell'immigrazione, del contrasto alla criminalità organizzata e il potenziamento della sicurezza urbana sono parti importanti, direi imprescindibili".

Non pronuncia mai la parola 'crisi', Molteni, ma non è difficile immaginare che la reazione del Carroccio non sarebbe accomodante, come accaduto invece per la Pace fiscale. "E' un decreto fondamentale per il bene del Paese", ribadisce il sottosegretario, aprendo alla possibilità di "migliorarlo". L'importante è ricordare quali sono "i capisaldi di questo decreto: gli articoli 1, 10 e 12". Si tratta di "elementi cardine del provvedimento, tali sono e tali rimarranno". Ergo, non ci sono margini di trattativa. E' probabile, dunque, che i Cinquestelle possano votare addirittura contro i loro colleghi, ma al momento le trattative sono ancora in corso per convincere Nugnes e De Falco ad "addivenire a più miti consigli", suggerisce una fonte interna al M5S. Intanto la capigruppo del Senato ha deciso di lasciare libera la prossima settimana l'aula per far lavorare le commissioni, e permettere così al dl Sicurezza di approdare in aula il 5 novembre, con l'obiettivo di approvarlo il 6. Per quella data Salvini si aspetta che il 'socio' Di Maio abbia già risolto la 'impasse'.
 

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