Per Di Maio è sindrome ‘longa manina’: dal dl dignità al caos condono

Il governo gialloverde ha visto alla luce meno di 5 mesi fa, ma c'è già una certezza: sarà ricordato come l'esecutivo della manina

Il giallo sul dl fisco, il caos sulla relazione tecnica del decreto dignità, senza dimenticare la bollinatura 'perduta' del testo su Genova. Il governo gialloverde ha visto alla luce meno di 5 mesi fa, ma c'è già una certezza: sarà ricordato come l'esecutivo della manina. Almeno per quanto riguarda la parte M5S, con il vicepremier Luigi Di Maio quasi ossessionato da una sindrome di complottismo che non lo abbandona neanche dopo aver approvato in Cdm la Manovra.

Come fosse inseguito dalla 'mano' della Famiglia Addams, il capo politico dei pentastellati questa volta ha messo nel mirino il testo sulla discussa pace fiscale, annunciando in diretta tv che l'articolo 9 era stato 'manipolato' prima di arrivare al Colle. Secondo l'accusa nel collegato sarebbero state inserite delle norme su condono e scudo fiscale, misure mai uscite dal Cdm secondo il vicepremier. E anche se il Colle ha negato di aver ricevuto nulla e lui ha corretto il tiro accusando i tecnici del Mef, le parole rimangono: "Non so se è stata una manina politica o una manina tecnica".

E se sui social l'ironia si scatena, spingendo qualcuno a chiedere il Var a Palazzo Chigi, la memoria corre subito al'estate. A luglio, infatti, dai pentastellati si era gridato al complotto delle lobby contro il decreto dignità. All'epoca il problema era una relazione tecnica della Ragioneria di Stato, che ipotizzava una diminuzione dei contratti a tempo determinato al ritmo di 8mila all'anno per dieci anni. Anche il quel caso la reazione di Di Maio era stata 'pacata': "Quel numero è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri. Vogliono indebolire il M5S".

Parole quasi in fotocopia con quelle pronunciate nel salotto di Bruno Vespa, quando solo all'inizio di questa settimana era scoppiato un altro giallo. Sempre nel dl Fisco, la bagarre è esplosa relativamente ad un articolo che stanziava 84 milioni alla Croce Rossa. Nessuno del governo, compreso il premier Giuseppe Conte, ne era al corrente, prima delle ammissioni parziali del MEF e dello stralcio della norma. Sul caso era intervenuto anche il ministro Giovanni Tria, spiegando in una nota come la norma prevedesse un aumento di risorse per l'ente in liquidazione e che non c'era alcuna risorsa aggiuntiva in più.

Nel mirino finiscono neanche troppo velatamente il Capo di Gabinetto di XX Settembre Roberto Garofoli e il Ragioniere Generale dello Stato Daniele Franco. La coincidenza vuole che proprio la Ragioneria di Stato a fine settembre sia stata protagonista di un altro polverone, legato a voci su mancanze di coperture sul decreto Genova. Alla fine la bollinatura arrivò dopo un'attesa spasmodica e tanti, troppo rinvii. La pace fiscale invece è ancora in bilico: chissà che una manina, stavolta 'buona', non chiuda le crepe nel governo.