Incontro a Palazzo Chigi. La ministra del Sud: "Faremo delle verifiche", l'esecutivo ha fatto una "analisi dei costi dall'interno dei ministeri", e "il Paese non può permetterseli"
Le dimissioni in blocco degli eletti del Movimento 5 Stelle. Le chiede il portavoce del comitato No Tap Gianluca Maggiore, con un messaggio su Facebook che compare mentre da Roma sembra sempre più flebile la possibilità di fermare la costruzione dell'ultimo tratto dell'importante gasdotto transadriatico che parte dall'Azerbaigian, attraversa la Grecia e l'Albania, per arrivare sulle coste italiane.
In una giornata tutta concentrata sulla manovra, da mandare a Bruxelles in una prima bozza, la ministra per il Sud Barbara Lezzi, pentastellata, esce da Palazzo Chigi e racconta di un incontro, il secondo da quando è al governo. Si è discusso della Tap con il sindaco di Melendugno, Marco Potì, assieme a parlamentari e consiglieri locali. Il tono di Lezzi non fa ben sperare, e anzi irrita chi vorrebbe bloccare l'opera. "Il sentiero è molto stretto – dice la ministra originaria di Lecce, quindi pugliese come moltissimi degli oppositori del Transadriatic Pipeline – faremo delle verifiche nelle prossime 24-36 ore che condurrà il ministro Costa". Tra martedì e mercoledì, quindi, il ministro titolare dell'Ambiente, Sergio Costa, studierà meglio dei margini di manovra che sembrano davvero piccoli, impraticabili. "Faremo una verifica sulle cartografie, perché ci è stato riferito che non coincidono, quindi verificheremo al ministero – racconta lo stesso Costa, al termine dell'incontro -. Ragioniamo in termini non solo tecnici, ma anche di diritto amministrativo, per non aprire un contenzioso che dare. Ed esiti devastanti".
Il concetto è ribadito da Lezzi, secondo cui, anche se il gasdotto "resta un'opera non strategica, scelta da un altro governo e agevolata da un altro governo", l'esecutivo ha fatto una "analisi dei costi dall'interno dei ministeri", e "il Paese non può permetterseli", per via delle penali. Lezzi parla di "mani legate", e sottolinea che "non abbiamo nulla di cui vergognarci, non avevamo a nostra disposizione una serie di dati che forniremo pubblicamente".
Per il momento, però, i comitati locali sono nuovamente sul piede di guerra. "I ministeri non hanno documenti, non sanno. Si è arrivati a parlare nuovamente di penali, ma non è stato mostrato nessun contratto con la firma di chi ha accettato queste penali", tuona Gianluca Maggiore, secondo cui "la battaglia continua, e continua pure la in caso ricomincino i lavori".