Il presidente dell'Inps "smonta" la manovra sia dal punto di vista del meccanismo di uscita, sia da quello dei costi. "La spesa pensionistica aumenterebbe di 100 miliardi". I rischi di un condono contributivo
I dubbi sulla sostenibilità della cosiddetta quota 100 erano nell'aria, ma ora il giudizio pesante dell'Inps ha un impatto davvero importante. Che, come già accaduto per il decreto dignità, scatena la bufera politica. Davanti alla Commissione Lavoro della Camera il presidente dell'istituto di previdenza italiana Tito Boeri non usa mezzi termini, sottolineando come la misura voluta dalla Lega rischi di portare ad un aumento del debito pensionistico di 100 miliardi di euro. Penalizzando soprattutto giovani e donne.
L'allarme è chiarissimo: tutto il sistema delle pensioni è in bilico. Di fatto "non bastano due giovani neo assunti, che difficilmente avranno un tempo indeterminato, per pagare la pensione di uno che esce". La riflessione generale del numero 1 dell'istituto è complessiva e dura come un macigno per la manovra gialloverde: "Se mettiamo insieme l'operazione di intervento sulle pensioni in essere e quella sulle quote più il mancato adeguamento alla speranza di vita dei requisiti contributivi vediamo che il profilo distributivo di quest'operazione è a vantaggio degli uomini, con redditi medio alti e dei lavoratori del settore pubblico e penalizza fortemente le donne".
Poco dopo l'audizione arrivano le repliche al vetriolo contro di lui. Il ministro agli Affari Europei Paolo Savona parla di "visione parziale", mentre il vicepremier Matteo Salvini attacca: "Da italiano invito il dottor Boeri, che anche oggi difende la sua amata legge Fornero, a dimettersi dalla presidenza dell'Inps e a presentarsi alle prossime elezioni chiedendo il voto per mandare la gente in pensione a 80 anni". Un'uscita che fa il paio con quella del collega Luigi Di Maio, che dopo i rilievi di Bankitalia sulla NaDef aveva invitato la Banca centrale dello Stivale a presentarsi davanti a fantomatici elettori nel prossimo futuro. Eppure la relazione lascia pochi spazi a dubbi sui numeri, perché uscite consentite con un minimo di 38 anni di contributi e 62 di età porterebbero appunto ad un incremento dell'ordine di 100 miliardi e già nel 2021 "a un incremento ulteriore (oltre la famosa gobba) di circa un punto di Pil della spesa pensionistica".
Dubbi anche sulle pensioni d'oro. Ma se sul progetto di superare la Fornero rimane la tempesta, anche sulla questione del taglio delle pensioni d'oro non splende di certo il sereno. Secondo Boeri il ddl D'Uva e Molinari, che fissa il tetto a 4500 euro netti, provocherebbe un risparmio inferiore a 150 milioni. Cifra che rende incomparabile qualsiasi idea di parziale copertura delle pensioni minime a 780 euro e dal punto di vista numerico è 60-70 volte inferiore al provvedimento su quota 100. Misura che rischia di delinare un futuro, conclude l'Inps, dove "diventi un privilegio percepire una pensione". Il messaggio in bottiglia al Parlamento è lanciato.