Pd, zampata di Renzi a Zingaretti: “Non è detto che lo voterò, ci saranno altri”

L'ex premier ribadisce che non si candiderà alle primarie

Per dire la sua, Matteo Renzi non ha aspettato Ravenna. Tornato in tv dopo un po' di mesi, il senatore di Firenze, come ama farsi chiamare, ha lanciato la profezia: "Se non scegliamo un leader vero, avremo sempre un partito senza spina dorsale". Il leit motiv è sempre lo stesso, quasi un mantra: "con la personalizzazione abbiamo preso il 40 per cento mentre con la spersonalizzazione e la generica sobrietà siamo arrivati al 18 per cento". Ecco l'autocritica secondo Renzi.

E a chi gli chiede se ce l'abbia con qualcuno in particolare, replica: "No, ce l'ho con tutto il Pd e la responsabilità era mia". Non prende a freccette – si accontenta delle frecciatine – né Maurizio Martina né Paolo Gentiloni che si dice felice di aver fatto diventare parlamentare "quando Bersani lo voleva fare fuori dalle liste" (ma con cui non parla da mesi). L'ex segretario attacca la sua creatura per intero.

Alle primarie non parteciperà, si sapeva, meglio però ribadirlo un'altra volta. Ci saranno più di un candidato o "candidata", sottolinea lui e per chi ascolta la girandola del totonomi punta automaticamente su Teresa Bellanova. "Vedremo quali saranno i candidati, non è detto che il mio voto vada a Zingaretti". Non è una novità nemmeno questa: Nicola Zingaretti non è il nome renziano per il congresso, il problema è che non si capisce quale altro sia. Intanto il governatore allarga la platea dei consensi. Dopo aver incassato il placet del sindaco di Bologna Virginio Merola e della corrente Areadem che fa capo a Dario Franceschini, riesce a ottenere quasi un endorsement dal sindaco di Milano Beppe Sala che giudica quella di Zingaretti "una buona candidatura".

L'ex ministro dei Beni culturali punta a far convergere anche il segretario Maurizio Martina – indeciso sul ripresentarsi a congresso – sul presidente del Lazio, anche in zona Cesarini. Su di una cosa Renzi è d'accordo: dopo le primarie, chiunque vinca non dovrà subire il "fuoco amico" come accaduto a lui. "Il fuoco amico è quello che ha fatto perdere due volte il Pd", ne è convinto l'ex premier-segretario. L'ex numero uno del Pd prova a dettare la linea anche per il futuro. Prima di tutto invoca "ostruzionismo" da parte dei deputati Dem la prossima settimana alla Camera contro le norme sui vaccini contenute nel Milleproroghe – il retro pensiero è 'mai con il M5S' -. Quindi annuncia che – a differenza di Sala – sarà col Pd alla manifestazione nazionale del 29 settembre a Roma, ma chiede, oltre alla piazza, anche una "resistenza culturale".

In questo senso vanno i 'comitati civici' che è pronto a far nascere in ogni Comune. Insomma, Renzi segue la sua traiettoria, non importa se a tratti parallela con quella del partito. Le basi per il Pd 'renzizzato' ci sono e forse anche per qualcos'altro, come molti renziani vorrebbero, ma soltanto più in là.