Ore 21.15 del 3 settembre 1982. Una raffica di kalashnikov AK-47 uccide barbaramente il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e la moglie Emanuela Setti Carraro. Cosa Nostra dichiara guerra allo Stato e il generale diventa vittima in quella terra, la Sicilia, in cui voleva riportare la legalità. È la strage di via Isidoro Carini, di cui ricorre il 36esimo anniversario. Prima del generale, le strade di Palermo furono bagnate dal sangue di Pio La Torre e Piersanti Mattarella, senza dimenticare gli uomini della scorta di ogni magistrato o politico, che accanto alle vittime eccellenti, persero la vita per mano della mafia. E saranno solo i primi della lunga lista, di uomini dello Stato e di agenti di polizia.
È proprio il presidente della Repubblica a condannare la "barbara violenza mafiosa, che susciterà sempre dolore e indignazione profondi" ricordando "l'inflessibile vigore" e "la consapevolezza del rischio estremo" a cui il generale Dalla Chiesa "ha dato esempio eccezionale di fedeltà ai valori della democrazia, di difesa della legalità e dello stato di diritto, sino al prezzo della vita". È vivo in Sergio Mattarella "il ricordo della carica di umanità e del rigore morale che hanno accompagnato l'azione" di Dalla Chiesa "anteponendo il bene comune ad ogni altro interesse". Per questo, secondo l'inquilino del Colle, è "irrinunciabile" il "rifiuto della cultura della violenza, della prevaricazione e della sopraffazione, tipiche di ogni azione criminale".
Per la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, il generale dell'arma dei carabinieri è "uno dei simboli dell'Italia migliore". "La sua determinazione, le sue straordinarie capacità investigative, la sua rigorosa onestà – aggiunge – rappresentano un esempio da seguire per quanti con coraggio proseguono la lotta contro l'arroganza, la prepotenza e la violenza mafiosa". La morte di Dalla Chiesa "fu un gravissimo colpo per lo Stato che non riuscì a proteggere uno dei suoi uomini migliori" tuona la terza carica dello Stato, Roberto Fico. Il generale, aggiunge, pose "l'attenzione sulla necessità di coinvolgere tutta la società nell'attività di contrasto quotidiano alla criminalità organizzata". L'anniversario della morte di Dalla Chiesa non è però scevra di polemiche.
La figlia Rita, nota giornalista televisiva, in un tweet attacca: "Stavo riflettendo che domani a #Milano ci saranno quattro cerimonie per ricordare mio padre. A #Roma neanche una messa. Grazie". Ad andarci giù pesante è Sergio De Caprio, noto come il capitano Ultimo, proprio nel suo primo giorno senza scorta accusa: "Non dimentichiamo l'abbandono, la viltà di tutti quelli che dalle poltrone, dagli alti gradi e dagli alti palazzi hanno ostacolato in ogni modo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa in ogni sua azione, in ogni sua battaglia a loro, tutto il nostro disprezzo".