Il 'modello Milano' ha fatto scuola un'altra volta. Galvanizzato dal raduno della sinistra a San Babila, il Pd prova a riconquistare la piazza dopo anni di latitanza, dandosi appuntamento a Roma il 29 settembre con una mobilitazione nazionale contro il "governo dell'odio" e "per l'Italia". I Dem puntano a riempire piazza del Popolo – usata l'ultima volta dai Cinquestelle per chiudere i comizi elettorali prima del 4 marzo -, ma c'è già chi nel M5S ironizza: "Sarà una manifestazione per pochi intimi". Per Maurizio Martina è segno che "siamo sulla strada giusta, sono agitati". Il segretario ci prova e il suo tentativo piace a Matteo Orfini che lo appoggia. Il presidente Dem usa addirittura su Twitter l'hashtag coniato dal segretario, quel #fiancoafianco che vorrebbe cominciare a ricucire, almeno a partire dalla rete, lo strappo con il paese reale.
Dà la sua adesione anche il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, per ora unico candidato alla segreteria. E così Lorenzo Guerini. L'invito, d'altronde, è esteso oltre il perimetro del partito. "Il Pd fa un passo avanti e chiede a tutti di fare altrettanto", dice Martina. La mobilitazione è in chiave nazionale contro l'esecutivo, ma anche europea. Il nuovo Pd, secondo il segretario, deve raccogliere tutte le energie e le sensibilità alternative alla deriva sovranista, "da Macron e Sanchez a Tsipras". L'orizzonte sono le elezioni europee di maggio, per andare incontro alle quali un'alta esponente di LeU come Laura Boldrini ha proposto di formare un'unica lista dei progressisti, senza i simboli dei singoli partiti. Un primo passo verso un nuovo centrosinistra? Molto però resta da chiarire sugli orientamenti internazionali anche fra i Dem. Sempre per citare un'immagine del renziano Lorenzo Guerini: "Bisogna trovare un punto di equilibrio fra Mujica e Macron". Perché, come sottolinea l'ex premier Paolo Gentiloni, il presidente uruguayano è pur sempre per la decrescita felice…
Dopo il richiamo espresso da Walter Veltroni alla Festa nazionale dell'Unità a Ravenna – "Il Pd non deve litigare, al popolo democratico non si può rispondere con liti interne ma aprendo porte e finestre" – anche Martina mette in guardia dal "chiudersi in una discussione autoreferenziale per regolare i conti tra noi". Quella sul nome, tanto per fare un esempio. Il partito è in fibrillazione. Al centro del dibattito, non solo la leadership e la linea politica, ma anche i tempi del congresso. E sebbene il primo segretario abbia ricordato che il Pd, la sua creatura, non sia nata per essere una "federazione di correnti", queste non sono mai state così bene.
"Tutti condividono la necessità di arrivare a congresso in tempi rapidi", per dirla sempre con Guerini. Il problema è mettersi d'accordo su cosa si intenda per 'rapidi'. Secondo gli esponenti di Areadem, la corrente di Dario Franceschini e Piero Fassino, il congresso si avvierà "subito dopo il Forum sull'Italia che si terrà nei giorni 26-27-28 ottobre a Milano". Ma per i renziani l'importante è che sia "prima delle Europee", posizione sulla quale sembra attestarsi anche l'ala vicina al segretario Martina. Se Guerini sottolinea come sia necessario "prepararlo bene" questo congresso e spiega come l'appuntamento di ottobre a Milano vada in tale direzione, altri – da Gentiloni a Calenda, Orlando, Cuperlo – spingono perché sia celebrato quanto prima. Anche di questo è probabile abbiano parlato Martina, Zingaretti e Franceschini nel pranzo che li ha visti riuniti a Cortona (Arezzo) dove si sta svolgendo la tre giorni di Areadem. Due grandi punti interrogativi restano aperti e, probabilmente, andranno a influire sulla data del congresso: il nome del candidato renziano (Bellanova, Bonaccini, Richetti, Serracchiani?) e l'intenzione di Martina di ripresentarsi o meno.