Terremoto, Conte visita il cratere: “No promesse, ricostruire non sarà facile”

Da Amatrice a Pescara del Tronto: dopo il G7 per il premier c'è il tour del dolore

La strada che conduce alle porte dell'inferno ha un manto meraviglioso. Asfalto liscio e pulito, che scorre per chilometri fino a quando non si fa largo sulla statale Salaria un cartello: Amatrice. Sfondo blu e scritta in bianco, indica un gioiello tutto italiano, che non esiste più da quasi due anni. Dall'agosto 2016. Il neo premier, Giuseppe Conte, dopo il G7 in Canada, sceglie le zone del centro Italia colpite del sisma per la sua prima uscita 'nazionale'. Ad accoglierlo i cumuli di macerie alla fine di una serie di curve a gomito su una salita da scalatore professionista. Non c'è Pantani a tagliare il vento, ma tre auto di scorta a sfrangiare il traffico. Già, ma tanto di macchine non ce ne sono, se non i camion che vanno e vengono e le auto di quei pochi residenti che hanno scelto di vivere nelle 'casette', a pochi chilometri da quello che un tempo era tutto il loro mondo ma adesso è soltanto pietre e ferraglie gettate ai lati della strada. Come la casa di Carmine, 76enne, originario di Avellino ma residente nel Lazio da 56 anni, oggi attivo nella pro loco. Suo figlio, vice brigadiere dei Carabinieri, ha salvato la vita a lui, alla madre e poi anche alla sorella e ai suoi bambini. Gli brillano gli occhi nel parlarne: "Nel 1979 feci ristrutturare la mia casa, a norma antisismica – racconta -. All'epoca i paesani mi prendevano tutti in giro… invece ci ha salvato la vita".

Anche altri cittadini, oltre Carmine, che indossa la felpa con la scritta 'Amatrice', sono ai margini della strada che porta alla ricostruzione, ma quella è una via ancora non percorribile. Conte si presenta in maniche di camicia bianche, il caldo torrido non da tregua nemmeno al capo del governo 'del cambiamento'. Ad accoglierlo ci sono le autorità, quelle di una volta: il sindaco, il parroco e il vescovo. Manca il farmacista, una figura di spicco nei paesi piccoli, ma non c'è la farmacia. Non c'è più nulla, per la verità. Solo un bar, in una specie di container dove la proprietaria sorride e lavora come un mulo perché "oggi mi hanno lasciato da sola". C'è gente, perché un premier attrae sempre un circo mediatico enorme, quindi si incassa. Finalmente. Cronisti e operatori bevono caffè e bevande, 'saccheggiano' il banco dei dolci e dei panini. Solo confezionati, dopo il passaggio del maledetto terremoto quei fantastici prodotti di Amatrice non sono più disponibili ad ogni angolo.