L'ipotesi di ritiro delle dimissioni di Matteo Renzi da segretario o di una candidatura al congresso, semplicemente "non esiste". I suoi collaboratori più stretti lo fanno sapere nelle stesse ore in cui montano le indiscrezioni che vorrebbero il segretario dimissionario pronto a tornare in pista. Voci che si mischiano alle altre in Transatlantico a pochi giorni dall'assemblea nazionale del Pd, prevista per sabato 19 maggio. E' un 'no' categorico quello dell'ex premier che al momento non intende "per nessuna ragione" ricandidarsi a ruoli apicali. E per i renziani, in caso di elezioni anticipate, il candidato 'naturale' resta il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che però, salvo sorprese, non avrebbe alcuna intenzione di ricoprire quell'incarico. Mentre lo spettro della scissione si agita sul Pd – vera o soltanto evocata che sia – il partito si prepara a tirare le fila nell'assemblea all'hotel Ergife di Roma. Per l'occasione è anche ripristinato lo streaming, volutamente cancellato dalle direzioni precedenti per decisione del presidente Matteo Orfini, in seguito ai cortocircuiti generati dai dibattiti interni resi pubblici.
Se entro sabato non si raggiungerà un punto di caduta comune nel partito, in assemblea si confronteranno due linee, quella di Martina e quella renziana. L'area più vicina al senatore di Impruneta è pronta a candidare un proprio uomo, probabilmente Lorenzo Guerini, mentre non viene esclusa l'ipotesi che in assemblea si possa procedere alla conta anche a scrutinio segreto. Per scongiurare questo scenario Martina dichiara pubblicamente qual è la sua proposta: farsi eleggere segretario con pieni poteri "per continuare questo lavoro di gestione della fase politica dei prossimi mesi", fino al congresso da tenere entro l'anno. Ruolo che il reggente intende ricoprire con il "sostegno di tutti". La proposta, rivolta quindi anche ai renziani, rappresenta di per sé una mediazione anche se non specifica cosa farà Martina una volta terminato il congresso, se si ricandiderà o meno. E' evidente però che il reggente non sta chiedendo di restare in carica per un mandato più lungo, di quattro anni, come prevede lo statuto. Tra le ipotesi caldeggiate dall'ala 'mediatrice' del partito, c'è anche quella di non arrivare alla conta.
Altro scenario, se nel partito non si raggiunge il compromesso e vince la 'linea Rosato', sabato viene indetto il congresso e di conseguenza Martina e tutta la segreteria decadono. Restano in carica il presidente Matteo Orfini, la Direzione e il tesoriere Francesco Bonifazi, ai quali va aggiunta la commissione congressuale. Sui tempi del congresso ci sono due linee: quella di Martina che vorrebbe prima una 'fase costituente' e quella renziana, seguendo la quale il congresso cadrebbe probabilmente già questo autunno. Dalla sua, Martina ha l'appoggio dei ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando, resta da vedere se avrà anche i numeri. In assemblea i renziani erano il 67 per cento su un migliaio di delegati, dopo i vari riposizionamenti andrebbe verificato daccapo il totale: in ogni caso, non sembra difficile immaginare che siano ancora la maggioranza.