Ripartono le consultazioni per il governo. Giovedì e venerdì è in programma il secondo giro di colloqui del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È quanto si apprende da fonti parlamentari. Si inizierà dai partiti e poi si chiuderà con le alte cariche istituzionali: a chiudere la giornata di giovedì sarà il Movimento 5 stelle.
Il centrodestra salirà unito al Colle per il secondo giro di consultazioni. Probabile la presenza anche di Berlusconi con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. "Penso che Silvio ci sarà", risponde il leader della Lega a margine della Festa della Polizia.
La giornata più importante – quando al Colle saliranno i leader politici – sarà giovedì. Tutta istituzionale, invece, la giornata di venerdì, con le più alte cariche dello Stato che si confronteranno con il presidente Sergio Mattarella. Si inverte quindi l'ordine rispetto al primo giro. Questo, il 4 e 5 aprile, era iniziato prima con i colloqui 'istituzionali' e poi con quelli 'politici'. Ad aprire le danze, giovedì mattina, saranno i gruppi più piccoli. I primi, alle 10, saranno i componenti del gruppo 'Per le Autonomie' del Senato (Svip-Patt, Uv). Quindi, alle 10.30, nello studio della Vetrata entrerà il gruppo Misto del Senato, seguito alle 11 dai deputati riuniti nel Misto della Camera. Alle 11.30 sarà la volta del gruppo 'Liberi e Uguali' alla Camera (che, particolare curioso, al primo giro non era ancora stato formato, ed era quindi provvisoriamente rappresentato nel gruppo Misto di Montecitorio). Giovedì pomeriggio sarà certamente il momento più importante di questo secondo giro di consultazioni, perché nello studio della Vetrata entreranno le forze politiche più consistenti: alle 16.30 il Partito democratico, alle 17.30 l'intera coalizione di centrodestra con Lega-FI-FdI. A chiudere la giornata, alle 18.30, il Movimento 5 Stelle. Per queste consultazioni 'politiche' verrà mantenuto lo schema del primo giro, quando si era andati in ordine crescente seguendo la consistenza parlamentare dei partiti. E' vero, il centrodestra si presenterà unito, ma non sarà ascoltato alla fine come qualcuno ci si aspettava, visto il numero di parlamentari che lo rappresentano. La coalizione non parlerà per ultima e terrà invece lo 'slot' che era stato riservato alla Lega al primo giro (dopo il Pd e prima del M5S). La seconda giornata di consultazioni, venerdì, inizierà alle 10.30 con il presidente emerito della repubblica Giorgio Napolitano. Seguiranno gli attuali presidenti di Camera e Senato, rispettivamente Roberto Fico alle 11.15 ed Elisabetta Alberti Casellati alle 12.
M5S-Centrodestra-Lega – La situazione, come è noto, è fluida. I rapporti tra centrodestra e M5S, dopo l'ottimo inizio di quindici giorni fa, sono ai minimi termini. Ieri c'era stato un botta e risposta piuttosto pesante tra Salvini e Di Maio. Il segretario della Lega aveva dato il governo tra M5S e centrodestra al 51 per cento di possibilità. Di Maio, gelido, ha risposto via twitter: "Le probabilità sono zero per cento". Il punto è sempre quello: tra Di Maio e Salvini l'accordo non sarebbe complicatissimo, ma Salvini non può sganciarsi dal centrodestra e, pur tra mille mal di pancia, il legame tra Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia regge. Anche perché, il 29 aprile c'è il banco di prova delle regionali del Friuli Venezia Giulia dove il centrodestra candida, unito, il leghista Massimiliano Fedriga che ha ottime probabuilità di diventare governatore purché il suo schieramento rimanga compatto. Chiaro che se Salvini dovesse mollare Berlusconi prima del voto in Friuli, l'elezione di Fedriga sarebbe fortemente a rischio.
E oggi sembrava dovesse esserci una telefonata di "riaggancio" tra M5S e Lega: "Di Maio non ha chiamato" ha risposto laconico Salvini alla domanda dei giornalisti durante la festa della Polizia. "Ma qui parlo di Polizia, non di governo" ha aggiunto il leader leghista.
Il punto resta quello: i M5S non vogliono trattare con il centrodestra unito, per due motivi: 1) In una coalizione del genere, si troverebbero in minoranza (270 deputati a 220) e difficilmente potrebbero rivendicare il premier; 2) M5S non vuole avere niente a che fare con Berlusconi, da tempo identificato com la causa di tutti i mali d'Italia. Un partito che punta sul cambiamento, effettivamente, avrebbe non poche difficoltà a spiegare ai suoi elettori un'eventuale alleanza con l'ex Cavaliere.
M5S-Pd – In lieve ascesa, invece, le possibilità che si vada verso un esecutivo tra M5S e Pd. Il discorso, ovviamente, è per ora del tutto campato in aria. Ma alcuni segnali di reciproco smussamento di angoli, in questi giorni ci sono stati. Al Quirinale, Martina, si è messo a discettare di reddito di cittadinanza e della possibilità di trovare una formula di sostegno alle famiglie a partire da quello che già esiste e senza scassare i conti dello Stato. Discorso evidentemente rivolto all'unico interlocutore interessato: il M5S. E anche Di Maio ha tolto il veto su Renzi mentre, ieri del Rio, ha fatto cenno a un possibile dialogo sui temi del programma. Gli ostacoli, in realtà, sono ancora molti e tutt'altro che facili da superare. Ma più passa il tempo e più si allontanasse la prospettiva di un esecutivo M5S-centrodestra, l'altro forno di Di Maio, quello del Pd, potrebbe accendersi.
Ma il Pd, prima di affrontare qualunque discorso di dialogo con M5S ha necessità che il terreno sia sgombro proprio dell'isdea dei due forni. I dem ritengono di non essere intercambiabili con la Lega e un dialogo potrebbe aprirsi solo a partire dal riconoscimento del Pd come forza di cambiamento ben diversa dalla Lega sia in termini politico-culturali che programmatici. E il segretario reggente Maurizio Martina, intervenuto questa mattina nel corso di Non Stop News, la trasmissione di informazione condotta da Fulvio Giuliani, Giusi Legrenzi e Pierluigi Diaco, in onda su Rtl 102.5 e in Radiovisione sul canale 36 del Dt , è stato chiaro sul punto. Parte dalla richiesta di Di Maio di lealtà a tutto il Pd e afferma con decisione: "Se Di Maio pensa di spaccare il nostro partito, sappia che non ce la farà mai. Il Pd non si spacca, discute, anche con punti di vista differenti. E' quello che si fa in un grande partito, non siamo in una caserma e, sopratutto, non ci facciamo comandare da qualcuno. Di Maio non può fare il pane in due forni. L'idea che il Pd sia intercambiabile con la Lega non sta né in cielo né in terra". Poi aggiunge: "Non è che il primo che passa fa il governo. Noi seguiremo l'evoluzione delle cose, non siamo indifferenti e teniamo conto dei risultati del 4 marzo. Non partecipiamo al momento a una discussione che è costruita intorno a formule che non rispondono alla domanda di fondo, cioè dare risposte al Paese".
Poi, sollecitato sul tema della possibile uscita di Matteo Renzi dal Pd per creare un nuovo soggetto politico, Martina risponde deciso:"Renzi farà un movimento politico? No, Renzi ha già smentito" , poi sottolinea: "Il problema non è andare oltre il Pd, abbiamo bisogno fuorché di formule divisive, di ennesimi contenitori. ll tema è il rilancio del nostro progetto non è una questione di andare indietro o di andare oltre", poi aggiunge: "Renzi è un'energia per questo partito e per il Paese. Abbiamo lavorato insieme, quando si governa è chiaro che si facciano anche errori ma questo non ci far venire meno alla consapevolezza che abbiamo fatto tanto. L'energia espressa in questi anni è un valore".
Martina guarda poi all'assemblea nazionale del 21 aprile da cui molto probabilmente uscirà segretario Dem: "Il 21 aprile noi ci confronteremo in maniera libera e nel pieno rispetto delle opinioni differenti. Mi sono candidato a segretario – spiega ai conduttori- convinto che non sia un impegno che posso esaurire da solo, credo nella costruzione di una squadra, un gruppo, una collegialità. Non servono conte e divisioni, il 21 aprile sara' un passaggio di unita' per ricostruire il progetto democratico, girando i territori. Non credo mai che queste esperienze possano essere sulle spalle solo di un leader". "Il Partito Democratico – aggiunge – puo' ripartire da progetti di comunita', essere utile per gli altri, per migliorare il territorio in cui si vive. Penso ad esempio ai ragazzi di Laurentino 38 a Roma, che organizzano nel circolo Pd lezioni di ripetizione gratuiti per gli studenti del quartiere. Ci sono tante persone del nostro partito che si mettono a disposizione e che si impegnano nel paese. Il problema è che a volte non gli riconosciamo neanche noi e non diciamo nemmeno grazie. Ora invece dobbiamo valorizzare questo lavoro ed estenderlo. La mia è una funzione delicata ma anche molto importante. Cerco di lavorare al massimo. Per me è un onore lo faccio al massimo delle forze".
Sulla lettera di Adriano Celentano a Matteo Renzi, in cui si chiede al Pd un passo verso Di Maio, "il punto non è chiedere a Renzi di allearsi con Di Maio, ma sono i cosiddetti vincitori del 4 marzo a dover fare i loro passi – risponde Martina-. Se hanno immaginato di avere numeri che non avevano, il Pd non può prendersi responsabilità che il Pd non ha. Non possiamo fare quattro parti in commedia e non possiamo prenderci impegni che non sono per noi".