Il leader della Lega: "Dialogo possibile con i 5 Stelle se la smettono di porre veti. Fuori il Pd"

Tra Salvini e Di Maio ormai è un tira e molla. Prima aprono la porta reciprocamente al dialogo, poi si punzecchiano, poi si lanciano bordate a distanza. Ma alla fine, l'uno o l'altro rilancia sempre un segnale positivo al competitor. Tanto che sono in molti a chiedersi se questa sia la sceneggiatura di un film già scritto e non, come sostengono i protagonisti diretti, il prologo di un dialogo che nessuno sa dove porterà. Dalle parti del Pd danno l'accordo per fatto, eppure mettendo in fila i 'fatti' sono ancora molti i nodi da sciogliere.

Stando alle ultime spigolature, la questione è tutta nei numeri. O meglio, nelle percentuali, per essere proprio pignoli. Il segretario della Lega è convinto che al 51% un'intesa tra centrodestra (in blocco) e M5S si può trovare. A stretto giro la risposta del capo politico del 5 Stelle, secondo il quale c'è "lo 0% di possibilità che il Movimento vada al governo con Berlusconi e l'ammucchiata di centrodestra". Un'uscita che ha fatto saltare la mosca al naso di Salvini: "Mi interessa meno di zero di Di Maio in questo momento". Appunto, botte da orbi con apertura annessa. Perché il riferimento temporale del numero 1 del Carroccio può fare la differenza in una fase delicata come quella che l'Italia vive.

I due top player della politica italiana non si sono sentiti (dicono), visti anche gli impegni delle campagne elettorali nelle Regioni che andranno al voto entro poche settimane, ma di sicuro non si sono persi di vista. Lo provano le dichiarazioni a distanza. Di Maio, da Termoli, si dice "fiducioso che un governo del cambiamento si farà", lanciando l'ennesimo messaggio in codice alla Lega: "Chi abbraccia Berlusconi sceglie un modo di fare del passato", dunque "non è immaginabile" un esecutivo del M5S con il Cav.

La replica di Salvini, ovviamente, non si è fatta attendere: con la politica dei veti "si torna alle urne". Ma, come da schema consolidato, dopo il bastone il leader leghista ha usato la carota: "Sono disponibile a capire il meccanismo del reddito di cittadinanza o a cancellare gli sprechi, ma se Di Maio continua a dire 'il premier lo faccio io perché sono arrivato primo', ma è arrivato secondo, a casa si capisce bene che non sono io a non voler dialogare". È difficile prevedere come andrà a finire questa storia, ma  resiste l'immagine dello schiaffo che può trasformarsi in carezza da un giorno all'altro. Colle permettendo, ça va sans dire.

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata