Dopo il caso Dessì, il pentastellato punta il dito contro gli altri partiti. Ma Renzi non ci sta: "Avviso di garanzia non è condanna"
È scontro e scambio di accuse sui social tra Luigi Di Maio e Matteo Renzi, tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. È il candidato premier grillino a lanciare la sfida pubblicando sul blog delle Stelle nomi e cognomi degli "impresentabili" del Pd e del centrodestra. Una risposta alle polemiche sul candidato pentastellato Emanuele Dessì, costretto a fare un passo indietro. "Tutti i giornali italiani per giorni hanno sbattuto in prima pagina la vita di Emanuele Dessì", mette nero su bianco Di Maio, "il segretario del Pd ieri ha diffamato pubblicamente il MoVimento 5 Stelle dicendo che noi abbiamo impresentabili. Gli impresentabili e riciclati li ha messi lui nelle liste con un atto d'imperio fregandosene degli iscritti e della democrazia interna del suo partito".
La replica via post del segretario dem non si fa attendere. "Di Maio è in difficoltà fa sempre la stessa cosa: attacca me e il Pd. E sempre con la solita mossa: il ritornello dei candidati impresentabili" scrive. " Noi di solito facciamo finta di niente e non replichiamo a queste bassezze. Oggi non più – tuona Renzi – Caro Di Maio, quello che ancora non hai capito è che un avviso di garanzia non è una condanna. Non si diventa 'impresentabili' per un avviso di garanzia o per essere indagati. Perché altrimenti per voi sarebbe un dramma. Perché tu, caro Di Maio, sei stato indagato". Il botta e risposta non si ferma, con il grillino che proprio non ci sta: Renzi ci dice che noi abbiamo candidato nelle nostre liste un amico degli Spada. Rispondo io: ma lo dici proprio tu che hai preso i soldi da Buzzi e da Mafia capitale per le elezioni?" riferendosi alla cena Dem alla quale partecipò il presidente della cooperativa '29 giugno'. Ad andarci giù pesante è Francesco Bonifazi:" Quel ragazzo non sta bene, è disperato: rinunci all'immunità parlamentare e risponda in tribunale delle accuse false ed infamanti che lancia contro il Pd".
L'elenco pubblicato sul Blog di M5S vede tra gli "impresentabili" del Partito democratico il ministro Luca Lotti, "indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio nel caso Consip", il governatore della Regione Abruzzo, Luciano D'Alfonso, "indagato a Pescara e a L'Aquila, per una inchiesta su appalti regionali e sul recupero del complesso che ha ospitato il mercato ortofrutticolo pescarese", il sottosegretario Umberto Del Basso De Caro, "accusato di tentata concussione". E ancora "De Luca junior, candidato ovviamente a Salerno, nel 'feudo' del padre. È imputato di bancarotta fraudolenta per il crac della società immobiliare 'Ifil'".
Sempre in Campania viene ricordato Franco Alfieri, "il 'signore delle fritture' elogiato dal governatore campano perché 'sa fare le clientele come Cristo comanda', già condannato in appello a restituire 40.000 euro al Comune di Agropoli e imputato per omissione in atti d'ufficio e sottrazione di beni alla loro destinazione". Citati anche altri candidati, tra cui Vito Vattuone, capolista nel collegio plurinominale per il Senato in Liguria, e nel Lazio Claudio Mancini (proporzionale Camera Latina), Carlo Lucherini (uninominale Senato Guidonia), Bruno Astorre , (proporzionale Senato), Claudio Moscardelli, "tutti coinvolti nell'inchiesta sui rimborsi". Infine "Ferdinando Aiello , Brunello Censore e Antonio Scalzo in Calabria, rinviati a giudizio nel luglio scorso".
Per quanto riguarda il centrodestra, non manca una menzione ai guai giudiziari di Umberto Bossi e Roberto Formigoni, entrambi condannati e ricandidati. Viene segnalato il nome di Luigi Cesaro, "detto 'Giggino a' purpetta', indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa", quello di Antonio Angelucci, "premiato per la sua assidua presenza in Parlamento (99.59% di assenze) e per i risultati sul fronte giudiziario con una condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per falso e tentata truffa" oltre a "un'indagine in corso in merito a un'inchiesta sugli appalti nella sanità della procura di Roma". Seguono Ugo Cappellacci, "capolista in Sardegna, ex governatore, per lui chiesta condanna per abuso d'ufficio nel processo scaturito nell'inchiesta sulla cosiddetta P3". Tra gli altri nomi Michele Iorio, candidato al Senato in Molise, Urania Papatheu, candidata nel Catanese, e Edoardo Rixi, Lega, assessore regionale in Liguria e imputato per le spese pazze in regione.
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