Secondo la sentenza di Appello, dovrà anche risarcire il Campidoglio: 12.700 euro per i 56 pasti finiti nell'inchiesta

Due anni di carcere per aver pagato cene private con la carta di credito del Campidoglio. È la condanna inflitta a Ignazio Marino dalla Corte d'Appello di Roma nel processo legato alla vicenda scontrini. L'ex sindaco, assolto in primo grado, era imputato per peculato e falso per i 56 pasti consumati in compagnia, e giustificati alla ragioneria comunale come incontri di rappresentanza, nei mesi in cui era primo cittadino, e per truffa riguardo alla onlus Imagine della quale era stato presidente (reato quest'ultimo per il quale è stato assolto).

La decisione dei giudici della Terza sezione è arrivata dopo poco più di due ore di camera di consiglio: il pg Vincenzo Saveriano chiedeva per il chirurgo la condanna a due anni e mezzo per il caso delle cene e l'assoluzione dall'accusa di truffa per la vicenda della onlus. Marino, presente in aula al momento della lettura della sentenza, ha lasciato il tribunale senza una parola, scuro in volto, portando come d'abitudine il suo zaino in spalla.

Il commento è stato poi affidato ad una nota: "Non posso non pensare che si tratti di una sentenza dal sapore politico proprio nel momento in cui si avvicinano due importanti scadenze elettorali per il Paese e per la Regione Lazio. Sono amareggiato anche se tranquillo con la mia coscienza perché so di non aver mai speso 1 euro pubblico per fini privati". E annuncia il ricorso in Cassazione.

Nello specifico, la condanna riguarda 52 dei 56 episodi, tra pranzi e cene, consumati tra il 2013 e il 2015, per complessivi 12.700 euro pagati con la carta di credito in dotazione all'allora primo cittadino. I ristoranti preferiti da Marino erano a Roma, ma anche in altre città come Milano, Genova, Firenze e Torino. Dopo aver saputo delle indagini a suo carico il sindaco aveva 'restituito' attraverso una donazione al Comune, 20mila euro. "Vorrei affermare con grande chiarezza che mai nella mia vita e nelle miei funzioni da sindaco ho utilizzato denaro pubblico per motivi personali", aveva detto Marino, il 5 dicembre scorso, nelle dichiarazioni spontanee davanti al giudice. L'ex primo cittadino aveva spiegato di aver rinunciato allo stipendio da senatore ancora prima della sua elezione in Campidoglio, "lasciando oltre ottantamila euro nelle casse pubbliche", e concluso: "Se sono un ladro, sono un ladro scemo e incapace di intendere e di volere". Ora, secondo la sentenza di Appello, dovrà anche risarcire il Campidoglio: per i 56 pasti finiti nell'inchiesta erano stati spesi complessivamente 12.700 euro. 

 

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