Le motivazioni della sentenza che ha condannato l'ex leader del Carroccio a 2 anni e 3 mesi

Umberto Bossi era "consapevole concorrente, se non addirittura istigatore, delle condotte di appropriazione del denaro della Lega Nord, poi utilizzato per coprire spese di esclusivo interesse personale proprio e della propria famiglia". Parole durissime, messe nero su bianco dal giudice dell'ottava sezione penale di Milano Luisa Balzarotti, che il 10 luglio scorso ha condannato il Senatur a 2 anni e 3 mesi per aver utilizzato i fondi del Carroccio per coprire spese personali e della sua famiglia.

Il figlio del Senatur, Renzo Bossi è stato condannato a un anno e 6 mesi e l'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito a 2 anni e 6 mesi. Per il figlio maggiore di Bossi, Riccardo, invece, il processo con rito abbreviato si è concluso con una condanna a un anno e 8 mesi. Bossi, si legge ancora nelle motivazioni del processo 'The Family' (dal nome di un cartella di Belsito che conteneva le ricevute della famiglia del Senatur), era consapevole che quel denaro proveniva "dalle casse dello Stato", ma non esitava a utilizzarlo per se. Una consuetudine iniziata quando tesoriere del Carroccio era Maurizio Balocchi, proseguita anche sotto la gestione di Belsito e resa ancora più spiacevole dal fatto che veniva portata avanti "nell'ambito di un movimento" cresciuto "raccogliendo consensi" grazie alla forte opposizione "al malcostume dei partiti tradizionali".

Tra il 2009 e il 2011, da quanto è emerso nel corso delle indagini, Belsito si sarebbe appropriato di circa 2,4 milioni, mentre Bossi avrebbe utilizzato 208mila euro di fondi del Carroccio per le cure dopo il malore che lo aveva colpito, ma anche per vestiti, lavori di ristrutturazione nella casa di famiglia a Gemonio e spese per il figlio minore Sirio. Renzo Bossi, che in quel periodo sedeva in consiglio regionale, invece, avrebbe ottenuto rimborsi dal partito per 145 mila euro. In via Bellerio il 'Trota' aveva consegnato le fatture di un'auto, multe per diverse migliaia di euro e il conto da 77mila euro per una laurea dell'università privata Kristal di Tirana.

Il Tribunale di Milano definisce "inverosimile" la versione fornita in aula da Renzo Bossi, che aveva detto che il titolo di studio era stato preso a sua "insaputa" da Belsito. "Come sarebbe stato utilizzato l'attestato di laurea in tal modo ottenuto? – si chiede il giudice Balzarotti – Sarebbe stato proditoriamente inserito nel curriculum vitae di Renzo Bossi, che si sarebbe un bel giorno scoperto dottore a sua insaputa?". Non ha convinto il Tribunale, inoltre, "l'immagine di un Umberto Bossi dedito in maniera esclusiva e totalizzante alle questioni politiche e per nulla interessato alle vicende economiche della Lega, dalle quali era addirittura infastidito. Nel caso di specie – si legge nelle motivazioni – non si sta parlando di mere questioni di gestione amministrativa, bensì di erogazione di fondi nell'interesse dei più stretti congiunti di Umberto Bossi; erogazione autorizzata dal segretario federale e risalente alla gestione del precedente tesoriere" Balocchi.

Quello di cui "Umberto Bossi non si rendeva conto – prosegue il giudice – era solamente l'ammontare di tali spese, che sarebbero venute allo scoperto se i conti del partito fossero stati mostrati a persone diverse da Belsito, il quale aveva sempre garantito l'assoluta segretezza". Il Tribunale ricorda, infine, che la Lega, pur essendo stata danneggiata, non si è costituita parte civile contro la famiglia Bossi e Belsito, una scelta che "ben può essere dipesa da valutazioni di ordine diverso, che nulla hanno a che vedere con la fondatezza dell'azione penale" e, dunque, "in questa sede non interessano". La Lega non si è costituita nemmeno nel processo parallelo davanti al Tribunale di Genova, che si è concluso con una condanna per Bossi a 2 anni e 2 mesi e per Belsito a 4 anni e 10 mesi e con la confisca di 49 milioni di euro . 

© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata