Un bilancio dell'anno trascorso, il primo e l'ultimo della sua legislatura, da cui Paolo Gentiloni si congederà senza rimettere il suo mandato. Appuntamento alle 11, nell'auletta dei gruppi parlamentari della Camera, per il tradizionale appuntamento con la stampa per gli auguri di fine anno. Il presidente del Consiglio è pronto a congedarsi e dichiarare la fine della legislatura proprio in questa sede. Il suo discorso sarà infatti, secondo quanto si apprende, incentrato sulle cose buone fatte in questi dodici mesi. La ripresa economica, ormai alle spalle, che non deve assolutamente disperdersi, i risultati ottenuti nella lotta contro i trafficanti di esseri umani, e poi l'impegno preso con i giovani nella lotta alla disoccupazione, questo il punto davvero importante, il bagaglio che il prossimo governo deve mettere per primo sulla macchina che lo porterà per i prossimi 5 anni a palazzo Chigi.
Gentiloni può vantare in questo anno di governo di aver saputo raccogliere attorno alla sua figura il consenso di una buona fetta del Paese. Il cambio di passo, per metodi e modi, con il suo predecessore, Matteo Renzi, è stato giudicato positivamente tanto che la popolarità del premier è passata dal 43 per cento al 51 per cento in pochi mesi. Terminate le sue considerazioni, Gentiloni si consegnerà alle domande dei giornalisti, che sono in tutto oltre 40. Testate italiane e straniere, quotidiani e agenzie di stampa, tra loro ci sarà sicuramente la domanda sul fine legislatura, viene spiegato, a cui Gentiloni non potrà esimersi. L'esecutivo, spiegherà il premier, ha esaurito il suo compito, a un anno esatto dal suo insediamento, e con praticamente alle porte la scadenza naturale della legislatura.
Partirà proprio da qui il timing che porterà allo scioglimento delle Camere. Nel primo pomeriggio Sergio Mattarella chiamerà al Colle i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, a cui chiederà un parere sulla decisione che si appresta a prendere. Parere obbligatorio, perché il passaggio è sancito dall'articolo 88 della nostra Costituzione, ma non vincolante per l'inquilino del Colle. Mattarella, ascoltati Grasso e Boldrini, provvederà quindi al decreto di scioglimento del Parlamento che dovrà essere controfirmato da Gentiloni stesso. A seguire sarà convocato il Consiglio dei ministri per stabilire la data delle elezioni, al momento la data più accreditata resta quella del 4 marzo. È solo dopo questo passaggio che Gentiloni, accompagnato dal ministro dell'Interno Marco Minniti, salirà al Colle per firmare il decreto di indizione delle elezioni, con il quale poi verrà fissata anche la data della seduta inaugurale delle nuove Camere, che in base all'articolo 61 della Carta, dovrà svolgersi non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Secondo questo timing in pratica il 24 marzo 2018.
Gentiloni non sarà quindi un premier dimissionario. In questo modo sarà soddisfatto l'obiettivo del Colle di chiudere la legislatura in modo 'ordinato' con un presidente del Consiglio non 'sfiduciato' che possa avere in Europa voce in capitolo e che sarà a disposizione per gli affari correnti fino a quando non si formerà un nuovo governo. Se per il parlamento una data certa c'è, per l'esecutivo che guiderà la XVIII legislatura tutto è incerto. L'ipotesi più accreditata, con questa legge elettorale, è che ci sia un lungo travaglio ma che dopo si arrivi a un governo, molto probabilmente delle larghe intese. Per questo è fondamentale che l'attuale premier sia in grado di poter pensare al Def, che ha scadenza il 30 aprile, e se necessario anche alla bozza della legge di bilancio, ma questo rientrerebbe nello scenario più nero. Quello che potrebbe prevedere elezioni 'obbligate' già in autunno prossimo.