Renzi apre: “Nessun veto, ma Pd perno coalizione”. No di Mdp: “È disco rotto”

Il segretario dem non cambia la linea, piuttosto i toni: "Chiedo di superare gli insulti che abbiamo ricevuto"

Non sarà Matteo Renzi a fare veti. Il segretario Pd chiude la conferenza programmatica e 'abbraccia' la linea verso la quale lo avevano portato diversi dirigenti del partito, dal premier Paolo Gentiloni a Marco Minniti, da Andrea Orlando e Michele Emiliano a Dario Franceschini.

In platea, però, tra le prime file, c'è la 'falange' renziana che resta fredda mentre ascolta l'apertura del segretario. "So che qualcuno storcerà il naso – dice lui – ma chiedo di superare gli insulti che abbiamo ricevuto: noi siamo in una totale, trasparente, aperta disponibilità". La linea del leader dem, in realtà, non cambia poi molto. Piuttosto cambiano i toni, le reazioni.

"Condivido dalla A alla Z quanto detto ieri da Paolo Gentiloni sul Pd che sia perno di una coalizione larga, inclusiva e plurale", scandisce. Però, siccome "sono più importanti i voti dei veti, dico che non possiamo permetterci di chiudere l'alleanza senza avere il centro, e non possiamo mettere veti a sinistra".

Pronti quindi a mandar giù gli insulti ricevuti, fa capire Renzi, purché gli ex compagni di strada siano disponibili a non fare troppe 'eccezioni' con chi si colloca al centro. Anche quello rivolto ai centristi, spiega il segretario nel viaggio di ritorno a Roma sul treno Pd insieme a mezzo Governo (con lui ci sono i ministri Dario Franceschini, Marianna Madia, Marco Minniti, Claudio De Vincenti, Valeria Fedeli, Roberta Pinotti e la sottosegretaria Maria Elena Boschi, oltre al sempre presente Matteo Richetti e a Roberto Giachetti), è un appello "largo". Gli europeisti di Della Vedova e Carlo Calenda, e poi Lorenzo Della e gli altri ex montiani, certo. Ma il segretario non teme di spingersi più in là, fino ad arrivare magari ad Angelino Alfano.

Anche sui contenuti Renzi è netto e sono proprio questi, andando al concreto, a restringere quella che a parole è sicuramente un'apertura. Al primo punto del programma del Pd, è la linea, ci deve essere l'orgoglio per quanto fatto. "Rivendicare i risultati è un nostro dovere. Se questo Paese è ripartito non è ripartito per caso. Chi ha portato l'Italia fuori dalla crisi ha un nome e un cognome: Partito democratico. Non è arroganza".