Il patto a quattro tra Pd, Forza Italia, Lega e Ap regge alla prova dei primi voti e boccia il ritorno al Fianum, proposto dal M5S, e appoggiato da Mdp e Sinistra italiana
Si chiude con quattro votazioni all'attivo (sette in totale, se si aggiungono quelle di mertaedì) la seconda giornata dei lavori della commissione Affari costituzionali della Camera sulla legge elettorale. Il patto a quattro tra Pd, Forza Italia, Lega e Ap regge alla prova dei primi voti e boccia il ritorno al Fianum, proposto dal M5S, e appoggiato da Mdp e Sinistra italiana. No anche all'introduzione di un premio di maggioranza, come avanzato da Fratelli d'Italia, e a due emendamenti (di M5S e Si) che prevedevano la soppressione delle coalizioni.
Giovedì la commissione riprenderà i lavori con una seduta 'fiume' dal mattino alla sera. L'obiettivo è quello di votare il mandato al relatore e quindi dare l'ok finale alla legge in commissione entro sabato mattina e andare in aula, come da calendario, il 10 ottobre. Dem e azzurri si dicono fiduciosi: "Avanti tutta", è la linea. L'idea, però, sarebbe quella di non forzare la mano ponendo la questione di fiducia su un provvedimento di natura strettamente parlamentare.
"Abbiamo con noi otto gruppi, più alcune componenti del misto – ragiona un dirigente Pd – ce la dovremmo fare, anche se il rischio voto segreto c'è". Anche dal Governo, con Paolo Gentiloni che si è sempre ritagliato un ruolo da "facilitatore" e non da protagonista sull'argomento, non arrivano conferme. Fiducia? "Io non ne so nulla, e se non lo so io…", si limita a dire la ministra per i rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro.
Già da giovedì, intanto, e in attesa della direzione nazionale del Pd sull'argomento che si riunirà venerdì pomeriggio, dovrebbero cominciare a sciogliersi i nodi rimasti in stand by, accantonati dal relatore Emanuele Fiano. Sul tavolo, principalmente, il tema del voto disgiunto (chiesto da M5S, Mdp e Sinistra italiana) e le soglie. Sul voto disgiunto il Pd non ha intenzione di cedere: "Si va avanti sul voto unico – è la linea che emerge dall'assemblea del gruppo che si riunisce in serata – le ragioni ci sono tutte. Facilita la coalizione".
Contatti sono in corso, invece, per quel che riguarda la soglia del 3%, che Ap (contraria FI) vorrebbe diventasse al Senato da nazionale a regionale. Pd e Fi sembrano, invece, vicini a una quadra su quel che riguarda il numero e le dimensioni dei collegi plurinominali. Una riformulazione del relatore, infatti, viene spiegato potrebbe accogliere "a metà" la richiesta degli azzurri di avere meno collegi e più grandi. La mediazione potrebbe arrivare a ridurre il numero dai 70 attuali a circa 65. Legata al tema è la questione del numero di candidati presenti in ogni listino bloccato. FI vorrebbe arrivare dai massimo quattro attuali ad almeno cinque e su questo si starebbe lavorando.
Ettore Rosato, presentando il testo, prepara i suoi a una settimana "difficile". Con il Rosatellum bis il Pd "ha fatto tutto lo sforzo possibile, è una condizione irripetibile e da cogliere. La legge, sottolinea, "consente al Pd di stare unito, fare campagna sui collegi e raccogliere lo spirito maggioritario che ci appartiene". In caso di fallimento, è il convincimento, ""c'è solo la Consulta. E finiremmo nel mirino dell'antipolitica".
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