Gli inammissibili insulti alla stampa nascondono le difficoltà del M5S a farsi davvero forza di governo

Che Beppe Grillo e il Movimento Cinquestelle non abbiano mai amato la stampa è cosa nota, soprattutto quando i giornali raccontano quelle divisioni interne che il fondatore ha sempre negato e cercato in tutti i modi di coprire. Arrivare però a dire ai giornalisti che lo aspettavano davanti all'Hotel Forum di Roma, "vi mangerei per il solo gusto di vomitarvi", è qualcosa che ha poco a che fare con la lotta politica e con la stessa democrazia di cui tanto parla, in qualche caso a sproposito, il comico genovese.

E' uno stato d'animo che va ricollegato all'evidente nervosismo di una leadership che non riesce a spendere politicamente il patrimonio di voti che pure si è conquistata in questi ultimi anni. A cominciare dal caso Roma, pure citato ieri dal leader, dove Grillo a dispetto dei disastri combinati dalla giunta capitolina ha preferito fare quadrato intorno a Virginia Raggi per non marcare un fallimento che era ed è sotto gli occhi di tutti. Con il risultato di aprire lo scontro dentro il Movimento tra il gruppo di Di Maio e quello di Di Battista e la Lombardi. Scontro che non è mai stato ricomposto e che rischia di travolgere tutto e tutti.

Il problema sta nel fatto che gli ultimi mesi hanno dimostrato che Beppe Grillo non è più in grado di unire intorno ad un progetto il movimento; semmai è più abile a dividere e, quando la situazione rischia di precipitare, usa il sistema tipico dei padri-padroni: decide e ordina. Un sistema che poteva andare bene quando i Cinquestelle muovevano i primi passi nell'agone politico, ma che oggi mostra la corda in un movimento fatto di correnti e sottocorrenti. Così è successo per la Sicilia e per la scelta del candidato premier dove per Di Maio è stata apparecchiata una consultazione tra gli iscritti dal risultato ampiamente previsto nonostante i tanti dubbi che assalgono militanti e dirigenti.

Uscito sconfitto dalle ultime amministrative, Grillo sente vacillare il suo stesso ruolo di "santone" del Movimento soprattutto se, come avvertono gli ultimi sondaggi, in Sicilia dovesse prevalere il candidato del centrodestra. Quella Sicilia che dovrebbe essere il trampolino di lancio verso il governo del paese, parole dello stesso Grillo, rischierebbe così di diventare la tomba di tutte le speranze a Cinquestelle.

Accerchiato com'è dalla politica nazionale e da alcune frange del suo stesso Movimento, il comico genovese evidentemente non sa più su cosa puntare: sceglie un candidato premier e spera che la cosa vada bene a tutti. Non è così, visto che già si vocifera di contrasti anche con la casa madre della Casaleggio Associati. Quanto alla legge elettorale, che non si riformerà mai, taglierà fuori i Cinquestelle da ogni possibile accordo di governo quando il voto degli italiani certificherà che nessuno dei contendenti avrà i numeri per governare. L'unica speranza per Grillo potrebbe essere un'alleanza con la Lega, un'alleanza di opposizione se, come sostengono tutti, il prossimo governo non potrà essere che un esecutivo delle larghe intese.

Ce n'è dunque per essere nervosi. 'Vomitare i giornalisti' segnala però un fastidio e un disprezzo per chi denuncia i tuoi errori e i tuoi limiti che appartiene più alla setta che alla politica che dovrebbe essere fatta di chiarezza e trasparenza. A Grillo non piace che si vada a guardare nel suo santuario; gli andava e gli va bene quando i giornali vanno a ficcanasare in casa d'altri. Se è questa la democrazia che ha in testa Grillo, il paese ha di che preoccuparsi. I Cinquestelle hanno avuto il merito di denunciare con forza alcuni mali del nostro sistema ma c'è da chiedersi se le cure che sembra di intuire dietro i nervosismi e le offese pronunciate da Grillo non risultino anche peggiori. Soprattutto se si minaccia uno dei fondamenti della nostra Costituzione: la libertà di stampa.

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