"Non è una provocazione ricordare la nostra storia: la ricerca di coalizioni disomogenee aveva prodotto una situazione per cui un ottimo premier, Prodi, era costantemente condizionato se non ricattato da micropartiti privi di consenso". Lo afferma Matteo Orfini, presidente del Pd, in un'intervista al quotidiano Repubblica in cui chiede nel partito di "abbassare i torni e cercare di evitare divisioni".
"Discutiamo. Per questo è stata convocata la Direzione il 10 luglio", spiega. "Però a patto di avere rispetto per il Pd, che non è di Renzi, non è di Orfini o di Franceschini ma dei suoi elettori. Al nostro congresso circa due milioni di italiani hanno scelto un leader, Matteo Renzi e una linea politica. Il Pd è di quei due milioni di elettori", continua.
"Questo spettacolo sta sconcertando i nostri elettori. Prodi è un punto di riferimento per tutti noi e nessuno gli ha chiesto di portare più lontano la sua tenda. Anzi la smonti e torni a casa. A me farebbe piacere se riprendesse la tessera del Pd", aggiunge.
"Non ho la sensazione di un assedio, però ritengo ci siano stati attacchi strumentali insieme a critiche che vanno ascoltate. E' surreale pensare che logorando il Pd si arrivi più vicini al socialismo, così si apre la strada a Matteo Salvini".
L'interpretazione di Franceschini sul risultato delle amministrative, aggiunge, è "politicista. Non c'è dubbio che noi abbiamo subito una sconfitta elettorale e dobbiamo recuperare il consenso perduto, nelle fasce più deboli della popolazione in particolare. Ma la soluzione non è un accordo di ceto politico che vada da Alfano a Pisapia", dice Orfini.
"Quando vado nelle periferie di Roma, dove siamo stati puniti dagli elettori, nessuno mi chiede se andremo in coalizione. Quelli che non ci hanno più votato chiedono sviluppo, lavoro, sicurezza cultura. Forse dovremmo parlare di questo", aggiunge Orfini.