Intervista all'ex premier ed ex presidente della Commissione europea sul futuro dell'Ue e sul rapporto con gli Stati Uniti

Romano Prodi da anni predica e invoca un sussulto dell'Europa perché ritrovi un'unità che troppo spesso ha perso o dimenticato. A gettare il sasso nello stagno ci ha pensato Angela Merkel dopo un G7, quello di Taormina, che ha mostrato quanto siano ampie le distanze tra gli Stati Uniti di Trump e il vecchio continente.

Presidente Prodi, cosa significano le parole della cancelliera Merkel sul fatto che noi europei ora dobbiamo fare da soli?

Esattamente quel che ha detto: l'Europa ora deve fare da sola perché è chiaro a tutti che il mondo sarà governato da Stati Uniti e Cina. Significa, anche, che ormai è palese che Trump guardi solo agli interessi dell'America e che si muoverà ancor di più su questa linea. Gli Usa vanno e andranno per conto loro.

E l'Europa cosa può e deve fare?

Dobbiamo imparare a difendere i nostri interessi e a costruire interessi comuni. Devo dire che era ora che ci si rendesse conto di cosa stava succedendo. Da tempo si capiva, pur nel rapporto di amicizia che continua ad esserci con gli Stati Uniti, che la politica americana aveva assunto toni molto duri che riflettevano interessi nazionali. Penso alla gestione della crisi economico-finanziaria o al comportamento delle banche sui mercati internazionali. Tutto nel segno degli interessi nazionali.

E poi è arrivato Trump.

Trump ha avviato un processo di trasformazione della politica Usa nel segno dell'America first.

Anche quella della Merkel può considerarsi una svolta?

Alle parole della Cancelliera si può applicare un vecchio proverbio calabrese che recita: chi si fa pecora il lupo se lo mangia. Diciamo che forse da oggi Berlino e la Calabria sono un po' più vicine.

Deve cambiare l'Europa perché si possa fare da soli?

Se siamo a questo punto è anche per colpa della rigidità tedesca che ha costruito una leadership fatta di dottrina. Ma la leadership non è e non può essere dottrina. La leadership è mediazione, è esempio ed è realismo. Si tratta di tornare al buon senso e ricordare che la doppia velocità, per esempio, non è la fine dell'Europa. Piuttosto può essere la rinascita dell'alleanza tra i paesi membri.

C'è secondo lei un terreno sul quale l'Europa può muoversi trovando un punto d'incontro?

Il tema è prima di tutto quello della difesa comune nella ricerca di un equilibrio che contribuisca anche a cambiare l'opinione pubblica oggi fortemente critica verso la Comunità Europea. E' la strada maestra per battere il populismo che risorge in tanti paesi del vecchio continente. Credo che la Francia su questo terreno possa recitare un ruolo importante ed è anche suo interesse favorire un'intesa su questo terreno. Badando però a non restringere tutto ad una sorta di monopolarismo costruito sull'asse con Berlino. Il vero accordo e un vero passo avanti lo si farà solo solo se l'intesa nascerà da un accordo multipolare tra Francia, Germania, Italia e Spagna.

Insomma, ha fatto bene Angela Merkel a dire quel che ha detto?

Meglio tardi che mai.

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