"La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l'ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune Procure e alcune redazioni"
"Politicamente parlando le intercettazioni pubblicate mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima ed è l'ennesima dimostrazione di rapporti particolari tra alcune Procure e alcune redazioni. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita per le intercettazioni, qualcuno ci ha rimesso il lavoro. Ma umanamente mi feriscono perché in quella telefonata sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo". Lo scrive su Facebook il segretario Pd Matteo Renzi in merito alle intercettazioni pubblicate stamani da Il Fatto Quotidiano sulla vicenda Consip. "Da uomo delle istituzioni, però – sottolinea -, non potevo fare diversamente".
Il segretario Pd racconta quindi i fatti: "È il 2 marzo. Il giorno prima, mercoledì delle ceneri, vado nella Locride dai meravigliosi ragazzi della cooperativa Goel, una delle visite più belle del mio 'Trolley tour'. Percorro la Salerno-Reggio Calabria, poi mi fermo a Catanzaro. Quindi arrivo a Taranto. Arrivo in albergo stanco, non ceno e alle 22 sono già a letto. Al mattino incontro gli operai dell'Ilva con la splendida Teresa Bellanova: non li ho mai lasciati soli in tre anni, voglio parlare con loro anche adesso che non sono più premier. Prendo un caffè con la direttrice del Museo di Taranto, perché per me Taranto riparte solo se riparte anche la vita in città, non solo l'acciaio. Di tutto lascio traccia su instagram, sul blog, sui social. Poi finalmente trovo il tempo di chiamare mio padre". "Sono circa le 9.30 del mattino – scrive Renzi – Mi metto sulla terrazza della sala da pranzo delle colazioni, avendo cura di essere solo. E affronto mio padre. Per me è una telefonata umanamente difficile. Repubblica ha pubblicato una clamorosa intervista a un testimone che riferisce di una cena riservata in una bettola segreta tra mio padre e l'imprenditore Romeo, lo stesso che secondo una ricostruzione dei magistrati di Napoli gli avrebbe dato 30 mila euro in nero al mese. Conosco mio padre e conosco la sua onestà: alla storia dello stipendio in nero da 30 mila euro non crede nemmeno un bambino di tre anni. Ma dubito di lui, esperienza che vi auguro di non provare mai verso vostro padre, e sulla cena mi arrabbio. 'Ma come? Vai a fare le cene riservate in una bettola segreta a Roma? Con imprenditori che hanno rapporti con la pubblica amministrazione?' Mi sembra allucinante. E tuttavia, ingenuo come sono, credo a Repubblica perché mi sembra impossibile che pubblichino un pezzo senza alcuna verifica: se lo scrivono, sarà vero. Dunque incalzo mio padre. Lo tratto male dicendogli: 'Non dirmi balle, la cena c'è stata per forza altrimenti non lo scriverebbero'. 'Quante volte hai visto Romeo'. Lo interrogo, lo tratto male. Ma sono un figlio. E se tuo padre bluffa lo senti. Mio padre mi ribadisce: non c'è stata nessuna cena, devi credermi. Matteo, è una notizia falsa, devi credermi. Con l'aggiunta di qualche espressione colorita toscana. Alla fine della telefonata, durissima, salgo in auto verso Castellaneta e poi Matera e sussurro a un caro amico che mi accompagna: 'Mio padre non c'entra niente, mio padre non ha fatto niente. Questa storia puzza'".
"I fatti – scrive Renzi – li conoscete. Nelle settimane successive un'altra procura, quella di Roma, indagherà su un capitano dei carabinieri che aveva fatto le indagini su mio padre accusando il militare di falso. La storia diventa torbida con presunti interventi dei servizi segreti, che vengono vergognosamente citati da persone prive di alcuna serietà istituzionale. La vicenda assume contorni inquietanti e l'intrigo si carica ogni giorno di nuovi particolari. Io mi limito a osservare, registrare tutto quello che sta accadendo che è impressionante e attendere che una sentenza certifichi la verità. Non ho fretta. Osservo anche i dettagli. Sono umanamente provato, ovvio, e si vede quando vado in tv dalla Gruber, ma ribadisco sempre la stessa cosa: vogliamo che sia fatta piena luce su questa vicenda".
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