"Il Pd non ha smarrito la strada, anzi sta seguendo quella giusta. Non abbiamo riformato il canone per permettere a una piccola casta di sopravvivere. Così come non è un'intrusione obbligare gli italiani a pagare un canone, allo stesso modo non lo è fare un contratto di servizio, chiedere che venga applicato e vigilare affinché venga rispettato. Se si usa il termine 'intrusione' si dimostra di non avere chiaro il quadro generale". E' quanto dichiara il deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, in un'intervista a 'Repubblica.it', sul tetto agli stipendi Rai.
"Penso che sia giusto favorire la tendenza, benedetta da tutto il Paese – prosegue ancora Anzaldi – e stimolata anche dalla stampa, di ridurre gli stipendi eccessivamente alti per dare una chance di sopravvivenza alle fasce disagiate della popolazione. Il limite imposto per legge è comunque un signor tetto, 240mila euro l'anno, applicato in silenzio non solo ai dirigenti Rai, ma tutti i manager pubblici che lo superavano. Ci sono avvocati dello Stato o capi di gabinetto che si sono visti tagliare lo stipendio da un giorno all'altro, eppure non hanno protestato, continuando a fare il loro lavoro".
"Quello che ha fatto il Pd -prosegue il deputato dem – in così poco tempo per la Rai non l'ha fatto nessuno. Siamo passati nel giro di pochi mesi dalla televisione europea con il tasso più alto di evasione del canone a quello più basso. Tutto questo non si è fatto per far sopravvivere una piccola casta aldilà del contesto nazionale di emergenza economica. Trovo ad esempio davvero ingiusto che la Camera abbia fatto grandi sacrifici e abbia ridotto la spesa di 80 milioni e poi ci siano programmi che vanno in onda a mezzogiorno e che prendono compensi milionari".
Quanto agli artisti, trova giusto invece non imporre un tetto? "Su questo punto sono d'accordo con Fazio. Nessuno si è mai lamentato di comprare produzioni artistiche di qualità a cifre spropositate, poi si riesce a far quadrare i conti con gli sponsor. Ma il conduttore di Che tempo che fa ha di sè un'immagine diversa". Fazio "si definisce giornalista-artista -prosegue Anzaldi – una figura che non esiste. I giornalisti hanno un tetto uguale per tutti. Compreso il direttore del Tg1, che fa in un giorno gli ascolti che molti programmi fanno in una settimana. Se Fazio vuole mettersi in proprio e vendere a chiunque offre di più sul mercato, ben venga. La Rai le valuterà le sue produzioni come fa per tutti gli altri".