Pd, passo indietro Renzi non è tabu. Resta ipotesi scissione

I fedelissimi dell'ex premier premono per un congresso anticipato con tanto di l'hashtag #famostocongresso

Le dimissioni di Matteo Renzi dalla segreteria del Pd, per dirla con le parole di un dirigente dem, non sono più "fantapolitica". Il segretario si dice ancora convinto della necessità di andare al voto prima della manovra economica di fine anno, ma vede allontanarsi 'l'obiettivo' giugno. A questo punto, è il ragionamento, tanto vale anticipare il congresso. Per farlo Renzi ha due strade davanti a sé: il passo indietro o la convocazione dell'assemblea nazionale per una sua sfiducia.

Ecco allora che l'ipotesi di un congresso anticipato fa capolino anche sui social network, con i parlamentari di stretta osservanza renziana che, parafrasando quello dei tifosi della Roma #famostostadio lanciano l'hashtag #famostocongresso. "Ehi @matteorenzi ma perché non facciamo davvero il congresso? E vediamo con chi sta la nostra gente #congressosubito", scrive la deputata dem Alessia Morani. "#famostocongresso" le risponde il senatore Stefano Esposito. "Leggo di D'Alema & Co., vogliono logorare il #PD? Facciamo il congresso e vediamo con chi stanno iscritti e militanti. Congresso subito. Anzi, #congressodomani!", attacca Pina Picierno.

 

https://twitter.com/pinapic/status/829640587531972608

 

L'accelerazione di Renzi, però, non piace alla minoranza. Tutti, da D'Alema a Emiliano, da Speranza fino a Bersani, più volte avevano chiesto al segretario di "rendere contendibile" il partito attraverso un percorso congressuale. Nessuna 'gazebata', però. "Non serve un congresso farsa o un plebiscito", ribadisce Roberto Speranza che riunisce alla Camera un centinaio tra parlamentari e rappresentanti del territorio che fanno capo alla sinistra riformista del partito. "Prima l'Italia", sottolinea l'ex capogruppo poi le persone e i partiti: non basta fare un gioco di figurine, serve un confronto serio. Speranza rilancia anche il tesseramento, sottolineando una volta di più come intenda condurre la sua battaglia all'interno del Pd. Non tutti però la pensano così.

L'ipotesi scissione è ancora sul tavolo e sono più che altro i rappresentanti dei territorio presenti alla riunione a sostenere questa linea "aggressiva". Se Matteo Renzi non farà del congresso una "discussione seria sulla linea politica" ma una "corsa nei tempi in cui dice lui", allora "si va alla rottura". L'ipotesi, viene raccontato da chi partecipa all'assemblea, sarebbe evidentemente una estrema ratio portata avanti più dai rappresentanti regionali e provinciali – definiti "in posizione da combattimento" – che dai parlamentari. Il percorso di rottura dovrebbe poi essere condiviso. "O tutti dentro o tutti fuori", è la linea, nel tentativo di trovare una 'terza via' al semplice ritorno ai Ds e alla "subalternità a un renzismo ripulito".

Anche chi non condivide la linea più battagliera non vuole farsi dettare i tempi da Renzi. "Non si può fare il congresso senza sapere con quale legge elettorale si andrà a votare – spiega un parlamentare bersaniano – La mobilitazione per accelerare il congresso in tempi rapidissimi non tiene conto della realtà di un appuntamento politico che richiede 4/5 mesi". In ogni caso, però, meglio combattere dentro il Pd, spiega. Il congresso "potrebbe vedere Renzi vincitore, ma già se cambiassero i rapporti di forza sarebbe un buon risultato. Siamo partiti con il 18 per cento di Cuperlo che è durato un giorno perché i Turchi sono saltati sul carro di Renzi e ci siamo ritrovati in 8 o 9 in direzione".