Secondo il professor Francesco Bruno potrebbe esserci un omicida a piede libero

Prima l'accusa pesantissima, aver ucciso 13 pazienti in rianimazione con iniezioni letali di eparina, poi i dubbi sulle prove e l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere. La storia di Fausta Bonino, la dipendente del'ospedale di Piombino finita in evidenza su tutti i media nazionali come l''infermiera killer', per il criminologo Francesco Bruno "lascia un po' sconcertati, indubbiamente c'è stato un certo numero di morti e pare che non sempre siano stati giustificati. Naturalmente la prima cosa che si dovrebbe fare è delle indagini di polizia corrette, ci troviamo di fronte a una di quelle situazioni molto delicate".

Il caso è molto intricato con unico punto fermo: nell'ospedale di Piombino ci soni stati degli omicidi volontari tra il 2014 e il 2015 come concordano Procura, Riesame, e Regione Toscana. Ma la Bonino, in carcere per ben 21 giorni, si è sempre dichiarata innocente: "Assolutamente non sono stata io. Mi dispiace veramente tanto che sia successa una cosa del genere in quel reparto. Io sono convinta che un serial killer non esista… anche conoscendo le mie colleghe".

Bruno, contattato telefonicamente da LaPresse, è piuttosto netto sulla dinamica delle indagini: "In questo caso non vedevo nessuna prova, se non si hanno testimonianze o indizi per cui per questa persona doveva essere ritenuta responsabile è stato giusto farla uscire dal carcere, però se ci sono dei sospetti vanno chiariti". 

Ma se le morti sono state accertate e sulla Bonino "non ci sono prove forti" potrebbe esserci un killer a piede libero secondo il professor Bruno: "Posso immaginarlo e potrebbe nascondersi: proverà a ricominciare a uccidere dopo un certo periodo di tempo". Secondo il criminologo casi come quello di Piombino non sono inusuali come dinamica: "La maggioranza degli infermieri fa il suo dovere ma può succedere che qualcuno possa trasformarsi un un demone dell'ospedale. E' un tipo di serial killer, ma non si può accusare di un un delitto grave senza avere degli elementi che siano considerabili come prova".

Ora sarà la Asl a decidere sul futuro almeno lavorativo della 56enne, ma l'arresto immediato e poi il dietrofront sul piano cautelare non trovano precedenti per Bruno: "Gli arresti e le indagini su questi casi sono sempre molto difficili e lasciano delle zone di dubbio fino a che almeno la persona non confessa. Quello che posso dire che in genere fatti per cui sono avvenuti degli arresti e poi le persone sono state liberate non me ne ricordo, ricordo situazioni difficili in cui comunque la persona è stata sospesa dal lavoro ma non certo arrestata".

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