Slitta a martedì prossimo il voto sugli emendamenti
Superato il primo banco di prova per il disegno di legge Cirinnà. Con 195 'no' un'ampia maggioranza di senatori ha bloccato il 'non passaggio agli articoli' proposto da 74 parlamentari (primo firmatario il leghista Roberto Calderoli) e votato da 101 senatori. Se la richiesta fosse passata, il Senato non avrebbe potuto toccare la legge per i prossimi sei mesi. In casa Pd leggono il risultato come una cartina di tornasole del voto finale. Per Giuseppe Lumia si tratta di "una posizione chiara, un piccolo anticipo di quello che sarà il voto finale". Ma resta ancora da sciogliere il nodo sugli emendamenti e sui voti segreti, a fronte del quale ogni ottimismo sembra eccessivo.
Ci sono infatti ancora migliaia di emendamenti, fra i quali molti soppressivi della legge. Si sta trasformando in un guanto di sfida il "patto tra gentiluomini" inizialmente siglato fra i capigruppo di Lega e Pd Gian Marco Centinaio e Luigi Zanda che avrebbe dovuto portare a una drastica sforbiciata delle proposte di modifica. Ogni riunione è rinviata a domani e l'incontro di questa mattina ha congelato lo stallo di martedì sera quando i rappresentanti dei due gruppi parlamentari si sono arroccati ciascuno sulla propria posizione. Al momento quindi restano gli oltre cinquemila emendamenti della Lega – inclusi i soppressivi che, secondo fonti dem, sarebbero oltre 80 -, fra i 230 e i 250 emendamenti di Forza Italia, oltre a quelli di Sel e delle altre forze politiche. Il M5S – oltre ad aver votato compatto per il via libera alla legge e contro il 'non passaggio agli articoli' – non ha presentato emendamenti. Sull'altro piatto della bilancia pesano invece i due cosiddetti emendamenti 'canguro' del Pd, a prima firma dei senatori Laura Puppato e Andrea Marcucci, capaci di far saltare tutte le altre proposte di modifica e di tornare al testo originale Cirinnà. La Lega vuole la testa dei due 'canguri' Pd in cambio del ritiro del 90 per cento dei suoi emendamenti, ma i Dem preferiscono tenersi il salvagente da usare soltanto in extremis. Sì, perché in casa Pd in realtà non si vorrebbe ricorrere ai super canguri in quanto si teme che la prima stesura della legge andrebbe incontro a diversi intoppi. Insomma, anche per il Pd qualche ritocchino al ddl è necessario per esplicitarlo meglio e per evitare eventuali futuri ricorsi. Non a caso, ieri anche l'ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano, arrivando in Senato, aveva pronunciato una frase che appariva come una chiara indicazione. "Attendo di vedere come si definiranno gli emendamenti all'articolo 5. Mi risulta – ha detto Napolitano – che anche il Pd sta lavorando a modifiche dell'articolo 5 che, se risulteranno giuridicamente sostenibili, credo saranno una cosa bella, motivata".
Sui voti segreti la linea del presidente Pietro Grasso sarà quella adottata oggi, vale a dire un uso limitato. L'argomento è il seguente: la regolamentazione delle unioni civili non rientra sotto gli articoli 29,30 31 della Costituzione relativi ai diritti della famiglia – come vorrebbero le opposizioni – "quanto nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 della Costituzione" che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali.
La linea delle opposizioni è descritta dal capogruppo di Fi, Paolo Romani. "Pensiamo – sostiene – che nel prosieguo dell'esame del provvedimento ci sia bisogno anche di qualche voto segreto: non penso debbano essere centinaia, ma spero solo qualche decina".
Il calendario dei lavori sarà il seguente: domani alle 9,30 l'illustrazione degli emendamenti, dalle 16,30 di martedì 16 febbraio il voto sulle proposte di modifica che potrà prolungarsi alla settimana ancora successiva.
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